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A proposito di Magia e Demonologia
Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Toscana - 1 giugno 1994

Criteri per una corretta lettura della Nota (mons. Angelo Scola)

1. «Chiunque fa queste cose è in abominio al Signore».
2. Diffusione odierna della magia.
3. Ragioni del fenomeno.
4. Gravità del fenomeno.
5. Una Nota sulla magia e su alcuni problemi di demonologia.

Prima parte
LA MAGIA E LE SUE FORME

6. Distinzione oggettiva tra religione e magia.
7. Possibilità di influsso del pensiero magico sul comportamento religioso.
8. Magia «bianca» e magia «nera».
9. Divinazione e spiritismo.

Seconda parte
GIUDIZIO DOTTRINALE DELLA CHIESA

10. «Io sono il Signore, vostro Dio».
11. Incompatibilità tra magia e fede.
12. La magia come atto moralmente illecito.

Terza parte
MALEFICIO, POSSESSIONE DIABOLICA E INTERVENTO DELLA CHIESA

13. Il maleficio e la sua inaccettabilità.
14. Azione di satana e possessione.
15. La libertà del cristiano e la vittoria di Cristo.
16. Discernimento e livelli di intervento della Chiesa.
17. Gli esorcismi.
18. Le benedizioni.

Conclusione
URGENZA DI UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

19. Magia e nuova evangelizzazione.
20. Nuova evangelizzazione e demonologia.
21. Operatori pastorali e nuova evangelizzazione.
22. L’assoluta e insostituibile Signoria di Cristo.

 

Criteri per una corretta lettura della Nota

Questa nuova edizione della Nota dei Vescovi toscani dal titolo «A proposito di magia e demonologia» offre l’opportunità di ben precisare lo scopo che ha spinto i presuli a intervenire su questo argomento. Non è stato certo quello di assecondare ulteriore curiosità su questi problemi o di dar loro un peso maggiore di quanto già non abbiano. Il loro desiderio è ben sintetizzato dal titolo dell’ultimo paragrafo della Nota: «L’assoluta e insostituibile signoria di Cristo».

I Vescovi intendono sostenere la fede di tutti i fedeli nella vittoria che Cristo ha già conquistato sul maligno. Una vittoria che deve liberare dalla paura e dalla ricerca di mezzi magici per affrontare le difficoltà della vita che, soprattutto in una società come la nostra, si presentano talora con il risvolto di una drammaticità e di una sofferenza assai intense.

Il Signore Gesù e Lui solo ha il potere di far precipitare l’accusatore degli uomini e di rendere vittoriosi i suoi fratelli. E questo attraverso un’esistenza normale, quotidiana, vissuta nella grande famiglia ecclesiale. Una vita fatta di fede consolidata ogni giorno nella preghiera a Dio Padre, nei sacramenti, nella comunione vissuta con i propri fratelli e testimoniata nelle diverse situazioni dell’esistenza cui ogni cristiano è chiamato. Gesù ci ama e ci libera dal peccato, a Lui possiamo veramente rivolgerci col cuore di figli in ogni situazione di bisogno. Questo è il nucleo centrale della Nota. Da ciò mi pare conseguano dei criteri di lettura. Li vorrei brevemente enucleare.

Anzitutto una simile Nota va presa nella sua integralità. Non si deve estrapolare da essa qualche passaggio, magari relativo ai problemi che gli strumenti di comunicazione di massa più volentieri enfatizzano, come quelli connessi alle tecniche della magia o alla possessione diabolica. E necessaria invece la pazienza di assumere tutti i contenuti esposti secondo una gerarchia che ha proprio nel paragrafo finale la sua chiave di volta. Il cristiano allora si sentirà invitato a non cercare altrove che in Cristo la propria salvezza e, quando sarà nel bisogno e nella prova, saprà volgersi a Cristo secondo le modalità normali che la Chiesa mette a disposizione per la nostra vita quotidiana.

Un secondo criterio di lettura è offerto in modo particolare ai sacerdoti. Sono invitati a non cadere in un pregiudizio razionalistico nei confronti dei fenomeni connessi alla possibilità straordinaria dell’azione dei maligno e a riconoscere che questa possibilità, anche se estrema, esiste. Essi sanno che il maligno normalmente opera inducendo l’uomo al peccato, tuttavia, come pastori umili e sapienti, non possono negare la possibilità della sua azione straordinaria che sarà da discernere con prudenza e discrezione. Questo è domandato in modo speciale agli esorcisti che operano in dipendenza dai Vescovi, nella coscienza di essere investiti da una missione, che è una missione ecclesiale, alla quale debbono servire e dalla quale, in ogni momento, devono essere pronti a rendere conto ai loro Pastori. Ai sacerdoti si chiede anche di prevenire per sé e per i fedeli il rischio opposto: quello di una facile creduloneria che spinga a vedere, sempre e comunque, l’azione straordinaria del maligno, dimenticando quella ordinaria che è di gran lunga la più massiccia e insidiosa. Sarà tuttavia loro cura farsi carico in ogni momento della sofferenza di quanti si rivolgono a loro per questi problemi, aiutandoli a cogliere la domanda di senso cristiano dell’esistenza che la loro prova contiene.

Appare così il terzo criterio. Esso è offerto alle comunità cristiane come tali affinché, essendo realmente missionarie, sappiano annunciare con chiarezza l’avvenimento di Cristo morto e risorto come la cifra in cui ogni aspetto dell’esistenza trova spiegazione. La comunità cristiana è chiamata a diventare luogo di incontro visibile con Cristo, di rapporti rinnovati in nome Suo e di condivisione di quanti sono nel bisogno materiale e spirituale. Deve essere una cellula vitale in cui l’uomo di oggi che, nonostante le tecnologie sofisticate della nostra civiltà, è spesso preda del panico e dell’angoscia possa in Cristo Signore trovare la pace.

I Vescovi toscani hanno voluto, con particolare riferimento alla situazione socio-culturale della loro terra, riproporre la dottrina tradizionale della Chiesa in tema di magia e di demonologia. L’hanno fatto per consentire alle loro comunità di camminare più spedite. Sono certi che l’affidamento a Maria aiuterà i loro fedeli a vivere quella povertà dello spirito in cui risplende una fede luminosa e un’umanità liberata.

I Vescovi toscani auspicano che quanti, anche fuori dalla loro regione, si accosteranno a questa Nota, abbiano a rispettare queste intenzioni profonde che hanno animato questo loro atto di Magistero.

+Angelo Scola
Vescovo di Grosseto

 

«Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti, non imparerai a commettere
gli abomini delle nazioni che vi abitano. Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il figlio o la sua figlia, né chi esercita la divi nazione o il sortilegio o l’augurio o la magia; né chi interroga i morti, perché chiunque fa queste cose è in abominio al Signore».
(Dt 18,9-12)


1. «Chiunque fa queste cose è in abominio al Signore»

L’ammonimento biblico è oggi più attuale che mai. Come Vescovi toscani sentiamo il dovere di riproporlo, con chiarezza, ai nostri fedeli. Assistiamo, infatti, ad un impressionante ritorno alle pratiche magiche. Il fenomeno tende ad imporsi nella vita collettiva e personale di migliaia di individui, compresi gli stessi fedeli. Secondo i dati più recenti gli «utenti di magia» in Italia sarebbero quasi 12 milioni di persone. Il fenomeno ci preoccupa sia come indice di una grave situazione di smarrimento esistenziale, sia per i presupposti di pensiero e i comportamenti pratici che suppone.


2. Diffusione odierna della magia

Alla magia di matrice agricola e pre-industriale sedimentata nella storia delle nostre popolazioni, si sovrappongono oggi forme divinatorie che si ammantano di ibridi di cultura, di «psicologia selvaggia» e di riferimenti esoterici. Maghi e mistificatori, falsi profeti e sedicenti illuminati plagiano adepti ed estorcono denari, presentando come «rivelazioni» e «verità segrete» concezioni di vita di una povertà sconvolgente e - quel che è peggio - devianti dalla verità della fede. Gli operatori di magia che si attribuiscono il potere di risolvere problemi di amore, di salute e di ricchezza o pretendono di togliere il cosiddetto «malocchio» o le «fatture» sono individui che reclamizzano se stessi con inserzioni a pagamento sui giornali, ostentano attestati accademici e si fanno pubblicità sugli schermi televisivi. Non è esagerato parlare di «un’industria della magia».

3. Ragioni dei fenomeno

Come si spiega che in un’epoca caratterizzata da uno sviluppo così ricco dei pensiero scientifico e razionale si verifichi una diffusione tanto vasta di attività di tipo magico-occultista? La crescita del fenomeno, almeno in termini generali, può essere collegata ad istanze esistenziali come il bisogno di concezioni totalizzanti della vita, in grado di render ragione del mistero che l’avvolge, la richiesta di liberazione dal dolore, dal male e dalla paura della morte, la ricerca di rassicurazioni che consentano di superare situazioni di ansia e di paura, le incertezze del domani e il bisogno di punti di riferimento, specie dopo la caduta del mito illuminista del progresso e il crollo delle ideologie populiste e borghesi. Istanze reali e drammatiche che conducono alcuni a scegliere la scorciatoia di rivolgersi a forme o persone che si presentano sotto l’apparenza dei «soprannaturale», attendendo da esse la soluzione agli interrogativi e alle difficoltà del presente.
Va in questa direzione la confusa ricerca di «fatti straordinari e miracolistici» reperibile nello stesso ambiente cristiano; una ricerca che a volte si appella ad un falso misticismo o a fenomeni di «rivelazioni private», altre volte arriva addirittura a volgersi a riferimenti demonologici, senza alcuna ragionevole verifica e al di fuori di un’autentica maturità di fede. Tra le cause del diffondersi della magia è infatti da annoverare soprattutto una grave carenza di evangelizzazione che non consente ai fedeli di assumere un atteggiamento critico nei confronti di proposte che rappresentano solo un surrogato del genuino senso religioso e una triste mistificazione dei contenuti autentici della fede.

4. Gravità dei fenomeno

Il fenomeno della magia si presenta, peraltro, come notevolmente diversificato e complesso: si va da forme generiche di superstizione a pratiche magiche di diverso livello, dalla divinazione allo spiritismo fino a gruppi e sette sataniche che organizzano riunioni e messe nere. La sua attuale espansione costituisce un segnale allarmante per il nostro stesso tempo. Come ha giustamente osservato il card. J.Ratzinger: «La cultura atea dell’Occidente moderno vive ancora grazie alla libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo. Ma se questa luce redentrice del Cristo dovesse spegnersi, pur con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia, il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione. Ci sono già segni di questo ritorno di forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici».

5. Una Nota sulla magia e su alcuni problemi di demonologia

Come Vescovi a cui è affidata la responsabilità delle Chiese particolari della Toscana, sentiamo il dovere di intervenire in questa materia per mettere in guardia i fedeli e le nostre comunità dall’invasione di orientamenti di pensiero e di comportamento che minano le radici stesse della fede e del suo autentico significato. In questa Nota non ci occupiamo dei fenomeni che riguardano la scienza, dalla medicina alla psichiatria, alla parapsicologia, a certe ricerche scientifiche sull’astrologia o dei fatti di guarigione di diversa natura oppure dei rapporti tra il paranormale e la religione. Il nostro intervento è di natura esclusivamente teologico-pastorale. Analizziamo il fatto della magia e le sue diverse forme (prima parte); riproponiamo il giudizio dottrinale della Chiesa (seconda parte); ci soffermiamo sui problemi specifici del «maleficio» e della «possessione diabolica», indicando il senso e le condizioni d’intervento della Chiesa (terza parte). La conclusione insiste sulla necessità di una nuova evangelizzazione, intenta a prevenire i fenomeni denunciati e a proporre positivamente un cristianesimo adulto, capace di discernimento sapienziale e di annuncio dell’autentico «Vangelo della salvezza», di carità e di preghiera verso situazioni di sofferenza. La consapevolezza che fonda il nostro intervento deriva dalla fede nella vittoria del Signore risorto sul male e sul maligno: una vittoria che orienta i cristiani a comprendere la loro esistenza in termini di vita nuova in Cristo, di luce e di grazia.

 

Prima parte

LA MAGIA E LE SUE FORME


6. Distinzione oggettiva tra religione e magia

Il problema di una definizione della magia è per sé arduo per la varietà del fenomeno. Un dato fondamentale sembra tuttavia acquisito tra gli studiosi: la distinzione oggettiva che dev’essere posta, sul piano antropologico-culturale, tra «religione» e «magia». La distinzione deriva dal diverso modo con cui le due esperienze si rapportano al trascendente:
la religione dice riferimento diretto a Dio e alla sua azione, tanto che non esiste e non può esistere esperienza religiosa senza un tale riferimento; la magia implica una visione dei mondo che crede all’esistenza di forze occulte che influiscono sulla vita dell’uomo e sulle quali l’operatore (o il fruitore) di magia pensa di poter esercitare un controllo mediante pratiche rituali capaci di produrre automaticamente degli effetti; il ricorso alla divinità - quando c’è - è meramente funzionale, subordinato a queste forze e agli effetti voluti. La magia non ammette infatti alcun potere superiore a sé; essa ritiene di poter costringere gli stessi «spiriti» o «demoni» evocati a manifestarsi e a compiere ciò che essa richiede. Anche oggi chi ricorre alla magia non pensa anzitutto di riferirsi a Dio - ai Dio personale della fede e alla sua provvidenza sul mondo - ma piuttosto a forze occulte impersonali, sovrumane e sovramondane, imperanti sulla vita del cosmo e dell’uomo. Da queste forze ritiene di difendersi con il ricorso a gesti di scongiuro e ad amuleti, o presume di carpirne i benefici con formule di incantesimo, filtri o azioni collegate agli astri, al creato o alla vita umana. Rientra in questo contesto il carattere produttivo dell’azione magica, la quale non ammette - una volta posta in atto secondo le modalità richieste - alcuna possibilità di fallimento. Ciò avviene in svariate forme. C’è la magia imitativa, secondo la quale il simile produce il simile: il versare dell’acqua per terra porterà la pioggia, il trafiggere gli occhi di un pupazzo accecherà o farà morire la persona da esso rappresentata. C’è la magia contagiosa, in base a cui il contiguo agisce sul contiguo o una parte sul tutto, al punto che è sufficiente mettere in contatto due realtà, animate o inanimate, perché una forza benefica o malefica si trasmetta dall’una all’altra: così il «toccare ferro» o il «gettare del sale» terrà lontano da influssi negativi o da iettature in relazione a virtù speciali affidate a questi elementi. Esiste, infine, la magia incantatrice, la quale attribuisce un potere particolare a formule o azioni simboliche, ritenute capaci di produrre degli effetti evocati o da esse indicati.
La magia, in qualunque forma sia espressa, rappresenta un fenomeno che non ha niente a che vedere - sul piano oggettivo - con il genuino senso della religione e con il culto di Dio; al contrario, è sua nemica e antagonista. Giustamente la ragione scientifica contemporanea (o semplicemente la ragione elementare) considera la magia come una forma di irrazionalità sia in rapporto alle concezioni prelogiche a cui si richiama sia in ordine ai mezzi a cui si affida o ai fini che persegue. Sull’origine della magia vi sono opinioni diverse tra gli studiosi. Qualcuno ne individua la sorgente in un’autosuggestione o «nevrosi ossessiva» dell’individuo o della società. Qualche altro la spiega come reazione difensiva o distorta dell’idea della provvidenza divina. Non manca chi, andando oltre, arriva ad individuare nella magia l’espressione di una volontà di potenza dell’uomo orientata all’attuazione del suo sogno archetipo: essere Dio. Di fatto, qualunque sia la spiegazione da cui si muove, con la credenza magica si manifesta una sorta di riedizione di quella tentazione dei primordi che è stata all’origine dei primo peccato, presente nel cuore dell’uomo come tendenza e subdola suggestione dei tentatore.

7. Possibilità di influsso del pensiero magico sul comportamento religioso

Si deve peraltro osservare che se religione e magia oggettivamente rappresentano due fenomeni distinti, soggettivamente essi possono talvolta convergere sotto alcuni aspetti; e questo può avvenire nella stessa vita dei cristiani.
Il pensiero magico si caratterizza per due attitudini essenziali: il sentimento dei desiderio di ottenere qualcosa che non si possiede o il sentimento della paura che spinge a pensare di porre dei poteri occulti al proprio servizio, e la netta separazione tra rito e vita. Per poter rispondere a queste istanze la magia, basandosi sulla credenza in forze misteriose in grado di giungere al di là delle semplici cause fisiche naturali, attiva dei rituali cui attribuisce un’efficacia diretta, a prescindere da Dio e dalla sua azione, in ordine al conseguimento dell’effetto inteso o sollecitato dal desiderio. L’operatività di questi rituali non ha alcun rapporto, nella percezione del soggetto, con il suo atteggiamento etico e con le sue opzioni esistenziali. A causa della sua struttura fondamentale, infatti, la magia non implica per sé alcun legame con le scelte morali della persona e con i suoi doveri: un individuo può tenere un comportamento riprovevole o vivere in situazioni di colpa, di egoismo o di odio, ma niente di tutto questo, almeno in linea di principio, potrà essere di impedimento perché il rituale magico esattamente osservato o instancabilmente ripetuto produca gli effetti che gli sono attribuiti.
È evidente che l’autentico significato della religione e, soprattutto, la nozione cristiana di liturgia non hanno niente a che vedere con queste componenti del pensiero magico. Nonostante ciò, soggettivamente, si possono creare delle sovrapposizioni e perfino delle collusioni. Proprio perché l’origine della magia non sta nella ragione, ma nel sentimento, anche nel credente si può verificare una dissociazione dello stesso tipo: con la ragione egli è consapevole di porre in atto dei gesti cristiani nei quali sa che opera Dio e la sua grazia, ma sul piano dei sentimento ciò che sta funzionando in lui può essere un’attitudine di tipo magico, legata solo al desiderio di ottenere qualcosa o di sfuggire ad una forza impersonale di cui ha paura. Considerazioni analoghe valgono per la concezione dei gesto sacramentale quando sia inteso in un modo automatico e «cosifatico», al di fuori di una corretta concezione di Dio e del sacramento stesso, o sia separato dalle disposizioni di fede e dalla risposta di vita che esige. Il rito sacramentale nel quale è all’opera la grazia di Cristo esige il coinvolgimento personale dei credente e l’adeguazione della vita a quanto si proclama con l’atto celebrativo e si riceve in dono da Dio. Da questi pericoli vogliamo mettere in guardia i nostri fedeli, invitandoli ad una permanente riscoperta del senso autentico del «rito» della Chiesa in ordine ad una piena maturità di fede e ad una reale corrispondenza tra ciò che si crede, si celebra e si vive. Sussiste, infatti, un rapporto inseparabile tra fede, culto ed esistenza cristiana.
Lo scopo di questa Nota, tuttavia, non è anzitutto quello di esaminare il pericolo di un’interferenza del pensiero magico col comportamento dei cristiani, ma piuttosto di denunciare il fenomeno della magia in sé e nelle sue diverse forme, seppur senza mai dimenticare i riflessi che esso può avere sulla vita e la prassi liturgica dei fedeli.

8. Magia «bianca» e magia «nera»

Tradizionalmente si è soliti distinguere tra magia «bianca» e magia «nera». La distinzione ha un suo significato, specialmente per il diverso livello di responsabilità morale a cui rimanda.
La dizione di magia «bianca» può essere riferita a due pratiche molto diverse fra loro. Si può intendere con essa l’arte di operare prodigi con mezzi naturali; in questo senso equivale ai giochi di prestigio o ai fenomeni di illusionismo. È evidente che una simile arte - purché non si compia con mezzi illeciti e non sia indirizzata a fini disonesti - è per sé innocua e legittima. Non alludiamo ad essa in questa Nota. Altro è invece se, per magia «bianca», si intendono forme di intervento che presumono di mirare a scopi, sia pure benefici come il ripristino di un rapporto di amore, la guarigione da una malattia, la risoluzione di problemi economici e così via, ma con il ricorso all’uso di mezzi inadeguati come talismani e amuleti, portafortuna e filtri, credenze in combinazioni di carte, persone o eventi, oppure con il riferimento a pratiche mediche centrate su arti occulte o poteri «sovrumani». E chiaro che in questo caso entrano in gioco sia forme di superstizione che truffe e comportamenti ingannevoli, contrari alla natura stessa della fede e quindi illeciti e inaccettabili, quando non addirittura pericolosi per la stessa integrità psico-fisica e la vita morale di coloro che ne sono vittime.
Ancora più grave è la magia «nera». Essa si richiama, in modo diretto o indiretto, a poteri diabolici o comunque presume di agire sotto un qualche loro influsso. Di norma, la magia «nera» è indirizzata a scopi malefici (procurare malattie, disgrazie, morte) o ad influenzare il corso degli eventi a propria utilità, specialmente per conseguirne vantaggi personali come onori, ricchezze o altro. Si chiama magia «nera» per i metodi a cui ricorre e per i fini che persegue. Questa forma di magia è una vera e propria espressione di anticulto, indirizzata a far diventare i suoi adepti «servi di satana». Rientrano in essa tutti quei riti esoterici, a sfondo satanico, che hanno il loro apice nelle cosiddette messe nere. Una simile forma di magia, di fatto, non si esprime senza un influsso del «padre della menzogna» (Gv 8,44), il quale - come insegna la Scrittura - tenta in tutti i modi di deviare l’uomo dalla verità e condurlo all’errore e al male (1 Pt 5,8), nonostante la sconfitta subita con la venuta del Figlio di Dio nel mondo (Lc 10,18) e il trionfo glorioso della sua risurrezione (Fil 2,911).

9. Divinazione e spiritismo

Alla magia, di entrambe le forme, si collega la divinazione: una pratica che in senso stretto costituisce un tentativo di voler predire il futuro in base a segni tratti dal mondo della natura o in rapporto all’interpretazione di presagi o sorti di diverso genere; in senso più largo, specie fra la gente più semplice, rappresenta un misto di credulità e di ingenue intenzioni indirizzate a conoscere in anticipo, con l’uso di particolari mezzi o arti, qualche fatto che dovrà accadere. Fanno parte della divinazione, l’astrologia (presumere di individuare il futuro libero degli uomini negli astri o nell’ordinamento delle stelle), la cartomanzia (il farsi predire l’avvenire con le carte, i cosiddetti «tarocchi»), la chiromanzia (decifrazione delle linee della mano) e forme simili. La peggiore e più grave espressione di divinazione è la necromanzia o spiritismo, ossia il ricorso agli spiriti dei morti per entrare in contatto con loro e svelare il futuro o qualche suo aspetto. Le sedute spiritiche appartengono a questo genere di magia. In tali sedute i partecipanti e i medium (edizione moderna degli antichi necromanti) si prodigano nell’invocazione delle anime dei defunti (ad esempio presunte registrazioni di voci dall’oltretomba); in realtà essi introducono una forma di alienazione dal presente e operano una mistificazione della fede nell’aldilà, generalmente con trucchi, agendo di fatto come strumenti di forze del male che li usano spesso per fini distruttivi, orientati a confondere l’uomo e ad allontanarlo da Dio. Interagiscono con questi differenti tipi di divinazione i molteplici gruppi esoterici e occultisti di antica origine o di recente nascita (dalla teosofia all’antroposofia fino alla New age) che presumono di «aprire una porta» per far entrare nella conoscenza di verità nascoste ed acquisire poteri spirituali speciali. Simili gruppi generano un grande smarrimento nella mente della gente, specialmente dei giovani, e conducono a comportamenti quanto mai discutibili e gravi dal punto di vista cristiano. Né si può dimenticare quel grande movimento iniziatico-magico che è la massoneria, almeno in alcuni suoi gruppi e forme derivate. Nella maggior parte dei casi si tratta di una riedizione di culti gnostici che ripropongono l’antica idea di magia come volontà di potenza indirizzata a mettere al proprio servizio le forze occulte (buone o cattive) che si ritiene agiscano nel mondo. Questi gruppi si presentano come «vie di salvezza» (di qui il loro carattere segreto, i rituali posti in atto e il ricorso alla figura di un leader dotato di poteri eccezionali), talvolta impiegando il nome stesso di Gesù Cristo o facendo ricorso a riti che vorrebbero essere «sacramentali».
È evidente l’inaccettabilità di questi gruppi e delle loro pratiche. Al posto del senso religioso, della ricerca di Dio e della vita sacramentale, introducono prassi magiche, assetti di pensiero e di vita del tutto incompatibili con la verità della fede. Non mancano neppure gruppi in cui si verificano abusi di carattere sessuale, con conseguenze preoccupanti per le persone coinvolte sia a livello morale che psichico. Non finiremo mai di mettere in guardia i fedeli dal pericolo di queste sette e dai loro errori, ripetendo l’invito di Paolo a Timoteo: «Verrà un giorno in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma per prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole» (2 Tm 4,3-4); o il richiamo di Giovanni:
«Non prestate fede ad ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo» (1 Gv 4,1).
La conoscenza integrale del Vangelo e l’incontro vissuto con Cristo nella Chiesa, sua Sposa, rappresentano il miglior antidoto a simili forme di neopaganesimo. Occorre tuttavia che i credenti siano adeguatamente evangelizzati sul fondamento della fede nel Signore risorto, dell’accoglienza della sua parola e dei suoi sacramenti e di un’autentica esperienza di preghiera e di vita ecclesiale.

 

Seconda parte

GIUDIZIO DOTTRINALE DELLA CHIESA

10. «Io sono il Signore, vostro Dio»

La Chiesa in genere non si è preoccupata di entrare in modo troppo analitico nei dettagli del fenomeno della magia; la sua condanna, tuttavia, è stata costante e inequivocabile, in linea con quanto insegna la Sacra Scrittura. È nota l’estrema durezza dell’Antico Testamento contro chi pratica la magia (Es 22,17); (Lv 20,27). La ragione di tanta severità risiede nel fatto che la magia è un rifiuto del vero e unico Dio. «Non vi rivolgete ai negromanti nè agli indovini; non li consultate... Io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 19,31). «Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indovini per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò la faccia contro quella persona... perché io sono il Signore, vostro Dio» (Lv 20,6-7). La magia, nella visione biblica, rappresenta un atto di apostasia dal Signore, unico salvatore dei suo popolo (Dt 13,6), ed equivale ad un gesto di ribellione nei confronti di Dio e della sua parola (1 Sam 15,23). «Io, io sono il Signore, fuori di me non v’è salvatore. Io ho proclamato in anticipo e ho salvato» (Is 43,11-12). Altro è la profezia, annunciatrice della salvezza del Signore, altro i presagi degli indovini e dei maghi, portatori di falsità e di inganno (Ger 27,9); (Ger 29,8); (Is 44,25); (Is 47,12-15). Darsi alla magia è come consegnarsi alla prostituzione.
«Il mio popolo consulta il suo pezzo dileguo e il suo bastone gli dà il responso, poiché uno spirito di prostituzione li svia, e si prostituiscono allontanandosi dal loro Dio» (Os 4,12); (Is 2,6); (Is 3,2-3).
Il Libro della Sapienza rileva ironicamente come i riti magici, anziché salvare, conducano ad una situazione addirittura peggiore. «Fallivano i ritrovati della magia e la loro baldanzosa pretesa di sapienza. I maghi promettevano di cacciare timore e inquietudine dall’anima malata, e cadevano malati per uno spavento ridicolo» (Sap 17,7-8).

Il Nuovo Testamento si situa nella stessa linea quando, nel richiedere la fede nell’unico Signore Gesù e il battesimo nel suo nome, esige il rifiuto di ogni mentalità e comportamento magici (At 8,9-13); (At 19,18-20). Sussiste, infatti, una netta opposizione tra l’annuncio della fede e la magia (At 13,6-12); (At 16,16-24). I veri credenti sono chiamati ad affidarsi all’unico profeta, il Signore Gesù, Figlio prediletto del Padre (Mc 1,11) e alle Sacre Scritture donate dallo Spirito alla sua Chiesa (2 Pt 1,16-21). La «stregoneria», in qualunque forma si manifesti, fa parte delle opere che estromettono dall’eredità del Regno di Dio (Gal 5,20), tanto che l’Apocalisse esclude dalla Gerusalemme celeste i «menzogneri» e «fattucchieri» di qualsiasi genere (Ap 9,21); (Ap 18,23); (Ap 21,8); (Ap 22,15).
La magia infatti sostituisce Dio con delle creature e rappresenta una ripresa di quella tentazione diabolica a cui Gesù stesso si è voluto sottoporre, vincendola: «Il diavolo.., gli disse: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni... Se ti prostri dinanzi a me, tutto sarò tuo”. Gesù gli rispose: “Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”» (Lc 4,6-8).

11. Incompatibilità tra magia e fede

E tale è l’insegnamento costante della tradizione cristiana. Già la «Didaché», tra le vie che conducono alla morte, accanto all’idolatria, pone la magia e gli incantesimi. Taziano, verso la fine del II secolo, elabora una dura polemica contro il fatalismo astrale nel quale vede una forma di potere del demonio sull’umanità. Ippolito, nella «Tradizione apostolica», esclude dal battesimo maghi, astrologi e indovini. Tertulliano pronuncia parole severissime verso tutti gli operatori di magia: «Di astrologi, di stregoni, di ciarlatani d’ogni risma, non si dovrebbe nemmeno parlare. Eppure, recentemente, un astrologo che dichiara di essere cristiano ha avuto la sfacciataggine di fare l’apologia del suo mestiere! È dunque necessario ricordare, sia pure brevemente, a lui e ai suoi simili, ch’essi offendono Dio, mettendo gli astri sotto la protezione degli idoli e facendo dipendere da loro la sorte degli uomini. L’astrologia e la magia sono turpi invenzioni dei demoni».
Un giudizio questo condiviso dalla maggioranza dei padri della Chiesa. Secondo Agostino, la magia è demoniaca; la religione cristiana all’opposto è vittoria sul potere del demonio e rottura completa con tale mondo.

Di fronte alle difficoltà dei neo-convertiti ad abbandonare le antiche pratiche magiche, la condanna si fa così forte e massiccia da finire per trasferire a carico del demonio tutta la magia, in ogni sua forma, identificata con la possessione diabolica. Se la posizione di san Tommaso rimane estremamente equilibrata, non mancano testi che, specie nel tardo medioevo, tendono ad accentuazioni eccessive, arrivando a sviluppare l’idea del «maleficio» come di un potere che esseri umani, specialmente donne, possono esercitare sugli altri, avendo patteggiato con il demonio la cessione della propria anima in cambio di capacità preternaturali da esercitare in vita. Un’idea che ha condotto nei secoli XV-XVIII alla triste storia delle persecuzioni di streghe e maghi. Questa vicenda, pur tenendo conto del contesto e della difficoltà di un giudizio storico a posteriori, rimane mortificante per la cristianità occidentale. Non dobbiamo dimenticare d’altra parte che, anche in quelle circostanze, non sono mancati uomini coraggiosi come Cornelius Loos e il gesuita E von Spes in Germania che, in nome della fede, si sono opposti a simili eccessi.

Le vicende di quei secoli, in ogni caso, devono rendere i cristiani cauti nel giudicare la magia come un effetto diretto - sempre e in ogni circostanza - dei demonio. Dal punto di vista teologico, peraltro, non si può razionalisticamente ridurre la realtà delle pratiche magiche, specie quelle «nere», solo ad un fenomeno psichico deviante o ad un semplice atto peccaminoso dell’uomo. In tali pratiche non si può escludere un’azione o dipendenza da satana, avversario giurato dei Signore Gesù e della sua salvezza. Il diavolo - come ci insegna l’Apocalisse - sino alla fine dei tempi userà tutti i suoi poteri e la sua sagacia per ingannare i battezzati ed ostacolare la piena attuazione dei progetto salvifico di Dio sul mondo. «Tutta intera la storia umana afferma il Concilio Vaticano II - è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio» (GS 37).

12. La magia come atto moralmente illecito

Il cristiano non può accettare la magia perché non può accettare di posporre il vero Dio alle false credulità. Allo stesso modo non può accettare di ritenere che la sua vita sia dominata da forze occulte manipolabili a piacimento con riti magici o che il suo futuro sia scritto in anticipo nei movimenti stellari o in altre forme di presagio. «Dio - dice il Catechismo della Chiesa Cattolica - può rivelare l’avvenire ai suoi profeti o ad altri santi. Tuttavia il giusto atteggiamento cristiano consiste nell’abbondanarsi con fiducia nelle mani della Provvidenza per ciò che concerne il futuro e a rifuggire da ogni curiosità malsana a questo riguardo. L’imprevidenza può costituire una mancanza di responsabilità».

La magia «nera», in particolare, rappresenta una colpa gravissima per il credente. Ciò vale - in diversa misura - per la divinazione e lo spiritismo. «Tutte le forme di divinazione - spiega il Catechismo universale - sono da respingere: ricorso a satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene “svelino” l’avvenire. La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l’onore e il rispetto, congiunto a timore amante che dobbiamo a Dio solo».

Riconoscendosi chiamato da Dio a vivere la propria esistenza come risposta libera al suo progetto di amore nell’accoglienza della grazia, il battezzato rifiuta ogni forma di pratiche magiche nella misura stessa in cui esse costituiscono una deviazione dalla verità rivelata, sono contrarie alla fede in Dio Creatore e al culto esclusivo che gli è dovuto, opposte al riconoscimento di Gesù Cristo come unico Redentore dell’uomo e del mondo e al dono del suo Spirito, e quindi si pongono in contrapposizione con l’integrità della professione credente e pericolose per la salvezza. «Tutte le pratiche di magia e di stregoneria con le quali si pretende di sottomettere le potenze occulte per porle al proprio servizio ed ottenere un potere soprannaturale sul prossimo fosse anche per procurargli la salute - sono gravemente contrarie alla virtù di religione. Tali pratiche sono ancor più da condannare quando si accompagnano ad un’intenzione di nuocere ad altri o quando in esse si ricorre all’intervento dei demoni. Anche portare amuleti è biasimevole. Lo spiritismo spesso implica pratiche divinatorie o magiche. Pure da esso la Chiesa mette in guardia i fedeli. Il ricorso a pratiche mediche, dette tradizionali, non legittima né l’invocazione di potenze cattive, né lo sfruttamento della credulità altrui».

Le stesse ricerche di fenomeni paranormali o di poteri «eccezionali», come visioni a distanza, «viaggi» nell’aldilà o produzione di «fluidi», in quanto atti fini a se stessi, possono essere svianti e pericolose per il giusto equilibrio umano e per l’autentico vissuto della fede battesimale. Molti di questi fenomeni appartengono all’ambito della parapsicologia e quindi al dominio della scienza, anche se rimangono di difficile spiegazione. Talvolta presentano un margine di misteriosità che può generare degli interrogativi sul senso della vita e della morte. In genere tuttavia sono utilizzati per fini ambiguamente e falsamente religiosi o addirittura per scopi di guadagno, come è successo in alcuni casi avvenuti nella nostra stessa Regione. Mettiamo in guardia i fedeli dal cadere in simili forme di strumentalizzazione e dai pericoli che vi sono connessi. L’autentico senso della fede non ha bisogno di simili riferimenti. Il discepolato descritto dal Vangelo richiede l’incontro semplice e autentico con Gesù Signore e Maestro, e rifugge da forme di ricerca dello «straordinario». Credere in Gesù, convertirsi alla sua parola e mettersi alla sua sequela, in comunione con tutta la Chiesa, è il paradigma di riferimento essenziale da cercare e perseguire, come hanno fatto milioni e milioni di credenti dalle origini ad oggi, senza lasciarsi sviare da concezioni e comportamenti miracolistici e vani.

 

Terza parte

MALEFICIO, POSSESSIONE DIABOLICA E INTERVENTO DELLA CHIESA

13. II maleficio e la sua inaccettabilità

Una forma particolare di magia, finalizzata a nuocere al prossimo, è rappresentata dal cosiddetto maleficium. Tommaso d’Aquino l’annovera tra i peccati mortali.
Volgarmente viene chiamato «malocchio» («male fatto con lo sguardo») o «fattura» («fare qualcosa di simbolico con l’intenzione di augurare del male o danneggiare»). Si tratta di forme rozze e popolari di magia, a volte poste in atto per ignoranza o per ingenuità, altre volte con una vera e propria intenzione maligna. Colui che ne fa professione deve il suo nome, sortiarius, ad una pratica molto diffusa nel Medioevo, consistente nel prevedere e dirigere i destini con i suoi sortilegi. A sua volta, il sortiarius non è altro che l’erede occidentale dei maghi della Persia antica e dell’Assiria che avevano cominciato con lo studio ufficiale degli astri e avevano finito con il ricorso a metodi occulti indirizzati ad assicurare vendette particolari; ebbe come continuatori diversi gruppi del basso Medioevo fino ai moderni «stregoni» di stampo popolare o di più alto profilo «professionale».

Tra la nostra gente è molto diffusa l’idea della «fattura» eseguita a danno di qualcuno. Essa viene generalmente intesa come un atto di maledizione, un gesto di condanna o un fenomeno di suggestione in grado di arrecare del male a coloro ai quali è rivolto, senza che si pensi - almeno in modo diretto o esplicito - ad un atto di natura demoniaca. Nonostante il suo carattere di ingenuità, tale atto è da considerare come inaccettabile dal punto di vista cristiano nella misura stessa in cui si pone come un agire contrario alla virtù di religione, alla giustizia e alla carità. Non si può accettare che qualcuno desideri e operi per il male di qualcun altro. Ben più grave è il «maleficio» che ha la presunzione di consegnare ciò che ne è l’oggetto (elementi inanimati, animali e soprattutto persone) al potere o comunque all’influsso del demonio. In simili casi, in quanto è attuato con questa specifica presunzione, assume la forma della magia «nera» e costituisce un agire gravemente peccaminoso. Alcuni fedeli si domandano: è vera la «fattura»? Ha effetti reali? Il demonio si può servire di persone cattive e quindi di gesti come la «fattura» o il «malocchio» per fare del male a qualcuno? La risposta è certamente difficile per i singoli casi, ma non si può escludere, in pratiche di questo genere, una qualche partecipazione del gesto malefico al mondo demoniaco, e viceversa. Per questa ragione la Chiesa ha sempre fermamente rifiutato e rifiuta il «maleficium» e qualunque azione ad esso affine.

14. Azione di satana e possessione

La possibilità che qualcuno sia sottomesso alle forze del male e perfino a satana è un dato attestato, in diversi modi, nell’esperienza e nella coscienza di fede della Chiesa. Occorre ricordare che satana è in grado di interferire con la vita dell’uomo ad un duplice livello: con un’azione ordinaria, tentando l’uomo al male (Gesù stesso ha accettato di essere tentato), e ciò riguarda tutti i fedeli; e con un’azione straordinaria, permessa da Dio in alcuni casi per ragioni che Egli solo conosce.
Questo secondo livello di azione si manifesta in svariate forme:

- come disturbi fisici o esterni, come si può constatare in alcuni fenomeni delle vite dei santi, o infestazioni locali su case, oggetti o animali;

- come ossessioni personali, ossia pensieri o impulsi che gettano in stati di prostrazione, disperazione o tentazione di suicidio;

- come vessazioni diaboliche corrispondenti a disturbi e malattie che arrivano a far perdere la conoscenza, a compiere azioni o pronunciare parole in odio a Dio, a Gesù e al suo Vangelo, a Maria e ai santi;

- come possessione diabolica, ossia come presa di possesso dei corpo di un individuo ad opera del demonio, il quale lo fa parlare o agire come vuole, senza che la vittima possa resistere; è chiaramente la situazione più grave.

Il Vangelo parla della possibilità di una presenza diabolica nell’uomo: il soggetto che ne è vittima diventa come una «casa» di cui il nemico ha preso possesso (Mc 3,22-27); e descrive interventi di liberazione da situazioni di questo genere operati da Gesù. Per quanto di difficile interpretazione, non si può pensare che simili interventi siano da comprendere tutti e sempre come risposta a situazioni di dissociazione psicologica o di isterismo. A meno di ritenere che Gesù sia stato vittima di una superstizione primitiva, non sembra si possa accettare che il «tu» che egli usa nei suoi esorcismi (ad esempio in Lc 4,35); (Lc 8,30-33) sia un’espressione meramente astratta, designante un «nulla>’. Va tenuto in considerazione, peraltro, che Gesù interviene non solo sulla possessione di ordine fisico, ma anche su quella di ordine morale.

Le forme di influsso demoniaco, per quanto misteriose, non possono essere interpretate solo come situazioni a sfondo patologico; esse devono ricevere una valutazione teologica nella misura stessa in cui si presentano come in antitesi col progetto di salvezza di Dio sulle sue creature. La persona umana, creata a immagine e somiglianza del Creatore e redenta da Cristo, è chiamata alla comunione con Dio e alla partecipazione della sua vita trinitaria; tale è l’evento della grazia battesimale e il dono dello Spirito Santo diffuso nei nostri cuori. L’azione di satana, nelle sue diverse espressioni, si contrappone oggettivamente alla vocazione salvifica dell’uomo e alla sua chiamata alla vita di Dio. Per questo la Chiesa non può restare indifferente di fronte a simili casi; essa si sente autorizzata ad intervenire. Come sacramento della salvezza di Cristo sa di aver ricevuto il mandato di discernere e di operare per opporsi ad ogni forma di male o di forza maligna che tenti di condurre l’uomo all’errore e si contrapponga alla realizzazione della redenzione di Cristo nella vita dei credenti. Per quanto sia difficile discernere i confini tra situazioni psicotiche e situazioni di effettivo influsso demoniaco non si può - in nessun caso - sottovalutare la gravità della sofferenza di quei fedeli che si sentono vittime di simili fatti. Né ci si può limitare a generiche o spicciative condanne. La Chiesa comprende la sofferenza di questi fratelli e di queste sorelle e si impegna ad assumere - nella persona dei suoi ministri - un atteggiamento di umana comprensione e di aiuto, evitando sia ogni eccesso di razionalismo o di freddo distacco che ogni forma di fideismo o di ingenua credulità.

15. La libertà del cristiano e la vittoria di Cristo

Occorre precisare che l’azione di satana, anche nella forma più grave della possessione, non può riguardare il dominio dell’anima, ma unicamente l’uso dei corpo, come ricorda san Bonaventura, esprimendo in proposito la posizione tradizionale della riflessione teologica: «A cagione della loro sottigliezza o spiritualità, i demoni possono penetrare i corpi e risiedervi; a cagione della loro potenza, possono muoverli e turbarli. Quindi i demoni possono, in virtù della loro sottigliezza e della loro potenza, introdursi nel corpo dell’uomo e tormentarlo, a meno che siano impediti da un potere superiore. E ciò che si chiama possedere, obsidere... Ma penetrare nell’intimo dell’anima è riservato alla sostanza divina».
Quanto ai motivi per i quali Dio può permettere la possessione, se ne possono nominare alcuni, senza pretendere di svelare il mistero delle giuste deliberazioni divine:

1. per manifestare la sua gloria (nel costringere il demonio, per bocca dell’indemoniato, a confessare la divinità di Cristo o la gloria di Dio);
2. per punire il peccato o correggere il peccatore;
3. per istruirci e richiamarci alla lotta contro satana, alla preghiera e alla conversione.

Aggiungiamo che, non potendo avere il dominio dell’anima, il demonio non può servirsi della libertà umana, così come si serve degli organi corporali per farli agire a modo suo. Tutti i mezzi che egli è capace di mettere in gioco, per indurre l’uomo a volere ciò che egli vuole, sono il timore, il terrore e il fascino prodotto nella mente dalla potenza straordinaria che si manifesta negli effetti prodotti nel corpo. Di conseguenza, la perdita della libertà nell’uomo può derivare solo da un suo volontario rifiuto. Il cristiano sa di custodire in sé la capacità di resistere agli influssi del demonio: in lui infatti la verità della fede è il principio di una nuova libertà (Gv 8,32-36); (Gal 5,1.13). La vittoria di Gesù, per mezzo della croce e della risurrezione, comporta la definitiva sconfitta di satana (Gv 12,31-32). Il cristiano è consapevole di essere stato reso partecipe di questa vittoria (Gv 16,33). La sua fiducia di fronte alle insidie diaboliche si fonda sulla grazia di Dio che conferisce alla libera volontà dell’uomo il potere di partecipare efficacemente alla lotta vittoriosa di Cristo:
«Il Signore è fedele; Egli vi custodirà dal maligno».
«Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?», esclama Paolo. E conclude: «Io sono infatti persuaso che né morte, né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze né altezze, né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,31-39).
E tale è la certezza indistruttibile del cristiano. Egli è cosciente di un’azione di satana nel mondo e del pericolo che essa rappresenta (Ef 6,11-12), ma non vive in alcun modo nella paura perché è certo che in Cristo, suo Signore e Maestro, questa azione è stata definitivamente vinta. Egli professa la sua speranza, colma di gioia e di fiducia, nella piena manifestazione della gloria di Dio e dei redenti nella Gerusalemme celeste. Nell’attesa egli si impegna ad essere vigilante come un padrone di casa o la vergine della parabola in attesa dello Sposo (Mt 24,37-44); (Mt 25,1-13) e a moltiplicare i talenti ricevuti in dono per essere riconosciuto come un «servo buono e fedele» quando il Signore tornerà per portare a compimento la sua opera (Mt 25,14-30).

16. Discernimento e livelli di intervento della Chiesa

Il tempo della Chiesa è un tempo di crisis, di scelta e di combattimento contro le potenze del male, i «principati» e le «potestà». Il tentatore, nonostante la sconfitta, continua ad ostacolare la piena attuazione del progetto salvifico di Dio nella storia. La Chiesa è coinvolta «in prima persona», a nome di Cristo e nella potenza del suo Spirito, in questo «TeoDramma», secondo la felice espressione di un teologo contemporaneo.
Compito fondamentale della Chiesa, in questo frattempo, è di discernere la realtà dell’azione di satana da fenomeni di altro genere e riconoscere volta per volta i casi che rientrano in essa. Può infatti accadere, specie in un ambiente così fortemente caratterizzato dai prevalere di forme di pensiero magico, occultista e superstizioso, che una persona afflitta da psicopatologie più o meno gravi ritenga di essere vittima di influssi o addirittura di possessione satanica, senza che ve ne sia un reale motivo, ma solo per un fenomeno di suggestione.
Il Rituale degli esorcismi invita i pastori alla massima prudenza nel distinguere «rettamente i casi di assalti diabolici da una certa credulità per cui anche dei fedeli ritengono di essere oggetto di maleficio, di mala sorte o di maledizione, che sarebbero inferte da altri sopra di loro. Non neghi loro l’aiuto spirituale, ma in nessun modo compia esorcismi; dica piuttosto alcune preghiere con loro e per loro, affinché trovino la pace in Dio». Lo stesso Rituale, al n. 67, offre precise indicazioni in merito. E evidente che in tali situazioni si richiede una grande attenzione e saggezza pastorale. Non qualsiasi richiesta di intervento equivale ad un caso di influsso demoniaco. Si deve inoltre ricordare che, come esistono molteplici forme di azione di satana sull’uomo, così esistono diversi livelli di intervento della Chiesa. L’esorcismo è per sé riservato solo ai casi di possessione diabolica sufficientemente accertati; tali casi sono i più gravi, ma anche i più rari. In tutte le altre situazioni, dall’infestazione locale all’ossessione e alla vessazione diabolica, sarà opportuno ricorrere anzitutto ad altre forme di intervento come:

- l’ascolto della parola di Dio e lo spirito di penitenza e di conversione,
- la preghiera prolungata personale e il digiuno come invita a fare il Vangelo (Mc 9,29),
- preghiere speciali di liberazione, nelle forme previste dall’Ordinario, fatte in gruppo o da persone incaricate,
- la celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali valorizzati nel loro pieno significato.

Queste diverse forme di intervento sono altrettante forme di azione della Chiesa che intercede per i suoi figli e diffonde la grazia salvifica del Risorto nel mondo. «Ciò va detto in particolare nei casi di vessazione da parte dei diavolo verso i battezzati, nei quali il mistero della misericordia sembra in qualche modo oscurarsi. Quando si verificano situazioni del genere, la Chiesa implora Cristo e, confidando nella sua potenza, offre particolari aiuti ai fedeli, perché siano liberati da tale vessazione».
Il fedele oppresso dalla vessazione sia esortato, almeno quando ciò è possibile, a pregare Dio, a compiere atti di mortificazione, a rinnovare frequentemente la fede battesimale, a celebrare il sacramento della riconciliazione e a fortificarsi con la santa Eucaristia.
Le stesse esortazioni siano in pari tempo rivolte ai parenti e amici e alla stessa comunità dei credenti, in modo che la preghiera e la vita di grazia dei molti gli sia di aiuto e di esempio.

17. Gli esorcismi

Soltanto dopo aver fatto uso di tutti i mezzi che la Chiesa offre, ci si orienti a far ricorso all’esorcismo. Si tratta, in questo caso, di un vero e proprio sacramentale. «La Chiesa è stata sempre sollecita nel disciplinarlo, specialmente se lo si compie informa di celebrazione liturgica. Negli esorcismi, infatti, si esercita il potere e l’autorità della Chiesa sui demoni». Questo ministero - nella sua forma pubblica - è esclusivo dei Vescovi e dei presbiteri a cui sia stato delegato dai loro Ordinari.

«L’esorcismo mira a scacciare i demoni o a liberare dall’influenza demoniaca, e ciò mediante l’autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. Molto diverso è il caso di malattie, soprattutto psichiche, la cui cura rientra nei campo della scienza medica. E importante quindi accertarsi, prima di celebrare l’esorcismo, che si tratti di una presenza dei Maligno, e non di una malattia».

Tale opera di discernimento deve essere svolta prima in modo accurato, ma lo stesso esorcismo assolve - in parte - a questa funzione in relazione ai segni che lo precedono, lo accompagnano e lo seguono. «Secondo la prassi un tempo riconosciuta si considerano come segni specifici:
proferire molte parole in una lingua sconosciuta o capire chi la parla; manifestare cose lontane o occulte; dimostrare forze superiori alla natura dell’età o della condizione». Questi segni costituiscono d’altronde solo dei primi indizi. Ad essi vanno collegati quelli di carattere morale, come l’avversione alle realtà religiose, il rapporto tra il comportamento del soggetto nei confronti della fede e della vita cristiana e il fallimento di tutte le altre pratiche. I segni vanno inoltre interpretati caso per caso. Sul piano della catechesi si dovrà operare perché i credenti non cerchino nell’esorcismo una sorta di magia che funziona: bisognerà educarli nella maniera più adeguata e corretta. Sul piano liturgico, facciamo nostra la raccomandazione del rituale perché «l’esorcismo si compia in modo che manifesti la fede della Chiesa e che da nessuno ragionevolmente possa essere considerato come un’azione magica o superstiziosa. Bisogna inoltre evitare che diventi spettacolo per i presenti o venga divulgato con i mezzi di comunicazione sociale».

18. Le benedizioni

Nell’ambito dell’agire sacramentale della Chiesa, un significato particolare lo occupano le benedizioni. Se gli esorcismi esprimono la lotta della Chiesa contro le potenze del male, le benedizioni manifestano lo splendore della salvezza del Risorto ormai presente nella storia come un principio nuovo di trasfigurazione della vita dell’uomo e del cosmo. «Benedire» è infatti un atto sacramentale della Chiesa nel quale si manifesta la fede nella presenza operante di Dio nel mondo e la vittoria pasquale del Signore Gesù. Va valorizzato in questo senso il nuovo Benedizionale, edito adesso anche in italiano, il quale offre una ricca serie di formulari di benedizione sulle persone, sui gruppi familiari, sulle dimore e sulle attività dell’uomo, sulle diverse circostanze e situazioni di vita. Occorre soltanto che il concetto di benedizione e il ricorso ad essa siano adeguatamente compresi, evitando sovrapposizioni o collusioni tra il corretto pensare della Chiesa e una mentalità a sfondo superstizioso che può finire per ridurre la preghiera di benedizione ad un atto più o meno magico.

Secondo la concezione biblica, ripresa e ripresentata dalle «premesse» al Benedizionale, l’atto di benedizione si articola in un duplice movimento: ascendente e discendente. Dio è il benedetto e il benedicente. II primo movimento è quello della lode di Dio, una lode colma di riconoscenza e di ringraziamento, per le opere mirabili che Egli ha compiuto in nostro favore sia nell’ordine della creazione che della redenzione; è Lui infatti che per primo, fin dall’eternità «ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (Ef 1,3). E a partire da questa consapevolezza che deriva il secondo movimento della benedizione, quello discendente: Dio è il benedicente, Colui che è invocato perché ci doni la sua grazia e la sua protezione nelle molteplici situazioni personali, familiari e sociali della vita.

Come scrive il Benedizionale: «Dio infatti benedice comunicando e preannunciando la sua bontà. Gli uomini benedicono Dio proclamando le sue lodi, rendendo grazie, tributandogli il culto e l’ossequio della loro devozione. Quando poi benedicono gli altri, invocano l’aiuto di Dio sui singoli e su coloro che sono riuniti in assemblea». La benedizione, in quanto sacramentale, richiede una fondamentale attitudine di fede per essere operativa di ciò che significa, ed esige una risposta di vita in rapporto a ciò che con essa si celebra. «Bene-dire» (bene-dicere), come evoca il nome, anche in ebraico (barak) e in greco (eu-logein), significa «dire- bene» di Dio, perché, riconoscendolo e implorando il suo aiuto e l’intercessione di Maria e dei santi, Egli possa donarci i suoi beni, nel vissuto concreto della nostra esistenza cristiana. I presbiteri, dunque, si offrano volentieri a coloro che richiedono particolari benedizioni su persone e cose, ma si preoccupino ogni volta di spiegare, con cura e chiarezza, che nessuna benedizione ha efficacia senza le dovute disposizioni di chi la richiede, a cominciare dalla rinuncia al peccato. In caso contrario, la benedizione rischia di essere svuotata del suo autentico significato fino al pericolo di essere assimilata alla stregua di un amuleto o oggetti simili, o di venir ridotta ad un gesto alienante dalla fede e dalla coerenza di vita richiesta dal Vangelo.

 

Conclusione

URGENZA DI UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE

19. Magia e nuova evangelizzazione

La problematica affrontata in questo documento si connette in ultima analisi con l’esigenza di quella «nuova evangelizzazione» di cui il Santo Padre si è fatto in questi ultimi anni testimone e portavoce instancabile. La ricerca del «magico», nelle sue diverse forme, deriva da un bisogno di significati e di risposte che la società odierna non è in grado di dare, specie nel quadro di una crescente situazione di insicurezza e di fragilità. Il ricorso alla magia e alle singole pratiche di divinazione diventa conseguentemente una compensazione al vuoto esistenziale che caratterizza la precarietà del nostro tempo. E entro questo vuoto - riguardante gli stessi cristiani che non hanno maturato una fede adulta - che si pone l’urgenza di un annuncio autentico ed entusiasmante del Vangelo e della grazia di Cristo. Solo una capillare ed estesa riscoperta dei genuino senso della religione e della fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito, permette di rispondere nel modo più adeguato ai dilagare della magia, nelle sue molteplici forme antiche o recenti, e di far luce sulle questioni relative al discernimento dell’azione di satana nel mondo. Occorre tornare a proclamare con rinnovato vigore, come agli albori della Chiesa, che solo Gesù, il Risorto vivente in eterno, è il Salvatore, e che «in nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12).

Gli «operatori dell’occulto» trovano terreno fertile solo là dove c’è assenza e vuoto di evangelizzazione. A questi operatori - e alle loro vittime - dobbiamo ricordare, come abbiamo ripetutamente detto in questa Nota, che il loro agire è fuorviante e in antitesi alla verità e alla consistenza della fede. La nuova evangelizzazione, mentre propone la pienezza dell’esistenza cristiana, non deve disattendere di farsi coscienza critica e denuncia di tutte quelle forme di magia che - a diverso titolo tra magia «bianca» e magia «nera» - si oppongono ai contenuti della fede e ad una visione della vita in corrispondenza alla rivelazione di Dio consegnata alla Chiesa. Si richiede in questo campo grande attenzione pastorale e assoluta chiarezza di principi. Positivamente si deve ridare il ruolo che loro compete all’ascolto della parola di Dio, alla celebrazione dei sacramenti in quanto atti di Cristo e della Chiesa e segni efficaci della grazia pasquale, e all’eucaristia, fonte e culmine di tutta la vita dei cristiani. «Nella santissima eucaristia, infatti, è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua Carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create» (PO 5).

20. Nuova evangelizzazione e demonologia

Nell’ambito dell’evangelizzazione non si deve in alcun modo sottovalutare il primato del mistero di Cristo, della sua morte e risurrezione su ogni altro aspetto. La stessa demonologia e i problemi che essa pone, per quanto gravi come si è avuto modo di segnalare, non rappresentano un «primum» in una visione adulta e integrale della fede e all’interno di un corretto concetto della gerarchia cristiana delle verità. Il primato spetta a Dio, all’incondizionata fiducia che si deve a Lui, al suo Figlio Gesù e allo Spirito Santo che egli diffonde nella vita ecclesiale sia nell’ascolto della parola di Dio che nella celebrazione dei gesti sacramentali. Il primato spetta a Dio e alla sua rivelazione salvifica. Satana e i demoni sono solo delle creature, non un principio equivalente a Dio o a Lui parallelo e contrapposto; come esseri creati sono assolutamente soggetti al Creatore e alla sua potenza e non possono in alcun modo dominare l’anima dell’uomo o cancellare la sua libertà.

Il fenomeno dell’azione di satana sull’uomo, fino alla grave situazione di possessione, rimane un fatto complesso e sempre difficile da interpretare, specie per quanto concerne la sua reale individuazione. In proposito riteniamo utile offrire alcune indicazioni in ordine all’agire della Chiesa e alla carità pastorale dei presbiteri:

- i sacerdoti si occupino con benevolenza delle persone che si dichiarano «possedute» e cerchino di discernere le diverse situazioni che si presentano loro con grande prudenza e spirito di sapienza, pregando e invocando la luce dello Spirito Santo sul loro ministero e per questi stessi fedeli;

- nei casi più gravi o di difficile comprensione si rivolgano al Vescovo, il quale provvederà a nominare un suo delegato, particolarmente competente nel discernere i segni della vera possessione e in grado di celebrare l’eventuale intervento di esorcismo.

Come suggerisce il Rito degli esorcismi, nei casi in cui non si è sufficientemente sicuri se si è di fronte ad una reale situazione di possessione non si compia l’esorcismo, limitandosi alle altre forme di intervento, come si è detto in precedenza. In ogni caso ci si faccia aiutare da esperti di medicina e di psichiatria, scientificamente preparati e professionalmente stimati. Sarebbe opportuno, a questo riguardo, pensare ad istituire in ogni diocesi - qualora non fosse già presente - un gruppo interdisciplinare di esperti che collabori, in una forma stabile, con il Vescovo e con i presbiteri incaricati come gruppo di competenza, di consiglio e di aiuto nel discernimento dei singoli casi.

21. Operatori pastorali e nuova evangelizzazione

La problematica segnalata in questa Nota non riguarda solo alcuni casi o alcune persone incaricate; essa concerne tutti i fedeli e tutti gli operatori pastorali. Come si è avuto modo di verificare, il fenomeno della magia è più ampio del solo fatto della possessione diabolica e mette in discussione l’identità stessa del cristianesimo e del suo annuncio agli uomini di oggi. Tenendo conto del dilagare delle pratiche magiche, sia sotto l’aspetto dell’occultismo e dell'esoterismo che del sincretismo religioso e dei nuovi gruppi settari, si richiede negli operatori pastorali una reale conoscenza del fenomeno della magia, delle tendenze di pensiero e di prassi a cui essa rimanda e delle deformazioni mentali che induce negli stessi soggetti da evangelizzare.

A riguardo auspichiamo quanto segue:

- gli operatori pastorali, adeguatamente formati, svolgano ai vari livelli un’opera intelligente di evangelizzazione che prevenga i fedeli e li illumini di fronte ai pericoli di un errato concetto di cristianesimo, sviluppando al massimo la dimensione positiva e la ricchezza dell’annuncio evangelico in ordine alle aspirazioni e alle domande degli uomini di oggi;

- i sacerdoti, in particolare, sia nell’omelia domenicale che nell’esercizio del loro ministero di confessione e di direzione spirituale, mettano in guardia i fedeli dal pericolo di una ricerca smodata dello «straordinario» nella fede e da un’immatura comprensione del senso della demonologia nell’insieme gerarchico delle verità della fede;

- particolare attenzione sia posta alla tendenza di alcuni a lasciarsi attrarre da «apparizioni private» e fenomeni carismatici di dubbia provenienza: si ricordi che eventuali «manifestazioni» del Signore, della Vergine Maria e dei santi, non rientrano nelle verità «fondamentali» della fede e che comunque esse devono essere valutate con estrema prudenza; tali esperienze conservano un carattere privato e non è mai consentito enfatizzarle o farle diventare un sostitutivo dei contenuti autentici dei Credo.

22. L’assoluta e insostituibile Signoria di Cristo

A conclusione di questa Nota vogliamo ribadire l’assoluta e insostituibile Signoria di Gesù Cristo non solo nella vita della Chiesa, ma nella stessa storia dei cosmo e dell’umanità: «Egli infatti è l’immagine di Dio invisibile, generato prima di ogni creatura, poiché per mezzo di Lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili... Tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in Lui» (Col 1,15-1 7). II Signore Gesù e Lui solo è l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine (Ap 1,8). Lui e Lui solo ha il potere e la gloria nei secoli dei secoli (Ap 11,15-18), Egli che ha fatto precipitare l’accusatore degli uomini e ha reso vittoriosi i suoi fratelli (Ap 12,10-12). Lui e Lui solo ha promesso il dono gratuito dell’acqua della vita a coloro che saranno vittoriosi sul male e su ogni forma di «stregoneria» (Ap 21,6-8). Chi ha scoperto Gesù Cristo non ha bisogno di andare a cercare la salvezza altrove. Egli è l’unico e autentico Redentore dell’uomo e del mondo. Sgorga da questa certezza la gioia della nostra fede. Come Giovanni, lungo tutto il cammino della vita, possiamo proclamare la dossologia del popolo dei redenti, nell’attesa dell’ingresso definitivo nella patria gloriosa: «A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (Ap 1,5-6).

+ Card. Silvano Arciv. di Firenze
+ Gaetano Arciv. di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino
+ Alessandro Arciv. di Pisa
+ Bruno Arciv. di Lucca
+ Alberto Vesc. di Livorno
+ Alberto Vesc. di Montepulciano-Chiusi-Pienza
+ Giovanni Vesc. di Arezzo-Cortona-Sansepolcro
+ Simone Vesc. di Pistoia
+ Luciano Vesc. di Fiesole
+ Eugenio Vesc. di Massa Carrara-Pontremoli
+ Vasco Giuseppe Vesc. di Volterra
+ Edoardo Vesc. di S. Miniato
+ Giacomo Vesc. di Pitigliano-Sovana-Orbetello
+ Angelo Vesc. di Grosseto
+ Gastone Vesc. di Prato
+ Vincenzo Vesc. Aus. di Livorno
+ Giovanni Vesc. di Pescia
+ Michelangelo Abate di Monteoliveto