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Massoneria
Cenni storici tra Risorgimento e Massoneria

Conversazione tenuta il 21 novembre 2004 alla "23a Giornata di Studio sulle sette"

organizzata dal G.R.I.S. di Treviso

Anche se il tema proposto riguarda più specificamente la presenza massonica nel processo dell'unificazione politica italiana, dal momento che le forze che ne assunsero la direzione, fra le quali preminente la massoneria, vollero ricollegarlo alla Rivoluzione francese, trasformandolo addirittura nel suo coronamento, è indispensabile iniziare, sia pure con rapidissimi cenni, dalla Francia. Qui il vero motore della Rivoluzione sono le logge, la cui base culturale e i cui fini hanno subito, rispetto all'iniziale modello inglese, se non una radicale trasformazione, un rilevante mutamento culturale sotto l'influsso delle idee e dei programmi degli Illuminati di Baviera, un ordine segreto fondato da Adam Weishaupt, che mira non solo al rivolgimento di quello che era all'epoca l'ordine costituito, ma ad una radicale trasformazione del mondo. Gli Illuminati, pur conservando a lungo un proprio autonomo centro decisionale, si infiltrano, approfittando comunque di una originaria affinità di base, fra i Liberi Muratori soprattutto per iniziativa di Adolf von Knigge, dando così luogo ad una commistione e compenetrazione di idee che, quanto meno per le logge del continente europeo, risulterà decisiva e non verrà mai meno nonostante i successivi conflitti, soprattutto politici, fra le varie logge e i vari Orienti. Gli Illuminati di Baviera ormai massoni a tutti gli effetti giocano un ruolo fondamentale nella preparazione ed esplosione della Rivoluzione francese, che vede, appunto, in primo piano le logge, fra le quali spicca quella delle Nove Sorelle, dov'è pressoché quotidiano ospite d'onore un illustre visitatore americano: Beniamino Franklin, che, forse per rifarsi dei limiti impostigli dai suoi troppo religiosi connazionali, si fa spesso e volentieri beffe della religione. Di queste logge (numerosissime, oltre seicento nel 789, di cui 65 a Parigi e 69 nell'esercito) fanno parte, oltre a gran numero di borghesi, in particolare avvocati e medici, moltissimi nobili (il duca d'Orléans, La Favette, Mirabeau i principali rappresentanti delle famiglie de Noailles, de la Rochefoucauld, Bouillon, i fratelli Lameth ecc.), che, soprattutto per quanto riguarda la fase iniziale, la strada rivoluzionaria imboccata dai lavori degli Stati Generali, svolgono una funzione determinante, perché se molti nobili non avessero lasciato la nobiltà per unirsi al Terzo Stato "sarebbe mancato -scrive Bernard Fay - l'apporto che permise loro di trionfare fin dall'ìnizio. Ora tutti questi nobili che abbracciarono di colpo la causa delle idee nuove -sebbene dovessero perdervi in seguito il patrimonio, lo stato sociale, il rango e la vita - erano tutti massoni, e ciò non può essere considerato un puro casso, a meno che non si voglia negare l'evidenza" . In Italia le logge massoniche si diffondono a partire dal 1730. Nonostante le proclamazioni in contrario assumono subito un carattere politico, ma in questa fase, che si prolunga fin circa all'ultimo quarto del secolo, sono monarchiche e appoggiano i Sovrani nel loro dispotismo illuminato, sicché se in alcuni luoghi (ad esempio la Repubblica di Venezia) sono comunque guardate con sospetto, in altre sono tollerate o addirittura favorite. Tipico il caso del Regno di Napoli dove fino alla Rivoluzione francese filano il perfetto amore con la Corte e in particolare con la regina Maria Carolina, che vi si reca volentieri in visita e ne è considerata la protettrice. Comunque il numero il numero delle logge italiane è alquanto ridotto sicché non avrebbero la forza di ripetere quanto è accaduto in Francia. Tuttavia i loro adepti sono abbastanza numerosi per servire da quinte colonne al momento dell'invasione francese e per fornire il materiale umano per la formazione dei governi-fantoccio costituiti dal Bonaparte a sostegno dell'illusoria promessa di essere venuto in Italia per i liberare i popoli dalla tirannia. I contemporanei, inclusi quelli (quasi tutti, in particolare nella Repubblica di Venezia, uomini di elevata cultura e spirito perspicace) incaricati dai loro governi di tenere sotto controllo le opinioni della gente e le correnti più o meno sotterranee attive nella società, ne sono perfettamente consapevoli. E' il caso del marchese Francesco Agdollo, veronese, confidente degli Inquisitori di Stato della Repubblica di Venezia che il 30 luglio 1796, nel dare conto dell'esultanza della popolazione veronese per il momentaneo allontanamento dalla città delle truppe francesi, avverte tuttavia di non farsi illusioni, perché "Nei nobili, nel Militare vi sono dei Framassoni, vi sono chi servì, serve e servirà i francesi". E già in un rapporto di due anni prima (5 novembre 1794) aveva scritto: "Tutta la forza dei francesi consiste nella base dei loro principi, cioè dei Franchi Muratori; di questi se ne trovano in tutte le città, e fatalmente nei Gabinetti, nella Truppa e quasi in ogni ceto di persone di qualche educazione; essi facilitano le aderenze, il Maneggio, oil Tradimento". Comunque le terribili notizie che giungono dalla Francia inducono anche i governi più tolleranti a sopprimere le logge, essendo già a quel momento del tutto evidente il loro essenziale contributo alla Rivoluzione (non per nulla i simboli rivoluzionari, a cominciare dall'albero della libertà, hanno origine massonica). A Napoli si ha un brusco pentimento della Regina, che attribuisce, alla massoneria la Rivoluzione e, quindi, la morte della sorella Maria Antonietta. La regina e gli altri Sovrani non hanno torto, da sempre e ancora oggi i " massoni "si vantano apertamente di aver portato "libertà e modernizzazione" e rivendicano la paternità degli "immortali principi" della rivoluzione francese, pur negando di avere in alcun modo a che fare con i fiumi di sangue fatti scorrere dai sostenitori degli "immortali principi" medesimi" . Comunque anche nella fase monarchica, pur se è difficile attribuire alle logge spesso in contrasto e a volte addirittura in guerra fra loro, e non soltanto in Italia, un indirizzo politico unitario, una caratteristica condivisa, strettamente connessa alla comune base culturale profondamente influenzata fin dalla nascita dall'origine anglicana e antipapista, poi dall'Illuminismo e dai programmi estremi degli Illuminati, è costituita, assai più che dall'ispirazione a rivolgimenti istituzionali (pressoché totalmente mancanti in Inghilterra) dall'avversione per la Chiesa cattolica. L'esempio più significativo si ha proprio in Francia, dove la Rivoluzione nella sua fase iniziale è già anticattolica, ma è ancora monarchica o, quanto meno, monarchista (con questo termine vengono designati i rivoluzionari francesi che preferiscono alla repubblica con questo termine una sorta di monarchia costituzionale), e il passaggio al programma repubblicano attraverso la distruzione violenta e sanguinosa della monarchia si ha solo quando Luigi XVI rifiuta di firmare la costituzione civile del clero, che avrebbe trasformato la Chiesa francese in una Chiesa nazionale di stampo protestante. In Italia le logge tornano a fiorire con l'invasione francese del 1796. Già sul finire di quell'anno esiste a Milano una loggia diretta -avesse o non il titolo di Gran Maestro, attribuitogli da alcuni autori - dal colonnello Jean Landrieux, capo del servizio segreto dell' Armée d'Italie e organizzatore dei moti che sottrassero alla Repubblica veneta le città della Lombardia Veneta. Il fenomeno si accentua sotto il dominio napoleonico (si calcola che nel 1813 le logge massoniche esistenti in Italia, all'obbedienza o del Grande Oriente di Napoli, o di quello milanese o, direttamente del Grande Oriente di Francia, fossero circa duecentocinquanta con un numero complessivo di massoni attivi non inferiore a 20.000 ). Nel 1804 si ha a Napoli la creazione di un Grande Oriente della Divisione dell'Armata d'Italia di stanza a Napoli, di cui assume la guida il generale Giuseppe Lechi, uno dei principali accoliti del Landrieux nei complotti antiveneziani. Nel 1805 nasce a Milano un Supremo Consiglio, che dà vita ad una Gran Loggia Generale, che prende il nome di Grande Oriente d'Italia, alla cui obbedienza passano, per il momento, le logge napoletane. Il ruolo di Gran Maestro è affidato a Eugenio di Beauharnais, appena nominato viceré del Regno Italico. Le logge massoniche hanno sempre avuto una notevole tendenza a dividersi, a proliferare e, contemporaneamente, a proclamare la propria autonomia, se non ideologica, gestionale e, a volte, a scontrarsi anche con estrema durezza. Di conseguenza, a Napoli, rimasta priva di logge indipendenti, si provvede ad istituire un Grande Oriente di Napoli, alla cui testa viene posto, subito dopo la sua incoronazione (30 marzo 1806), Giuseppe Bonaparte, già Gran Maestro del Grande Oriente di Francia. Quando, nel luglio 1808, Gioacchino Murat succede a Giuseppe sul trono di Napoli ne prende il posto anche alla guida delle logge, mentre Giuseppe, nuovo Re di Spagna, transita in quel paese anche come capo della massoneria. Come si vede, la massoneria viene perfettamente integrata nel sistema di potere napoleonico sia stato o no lo stesso Napoleone iniziato alla massoneria (la questione è controversa anche se è probabilmente esatta la tesi affermativa sostenuta dal massone François Collaveri e recepita dal maggiore storico italiano della massoneria Aldo Mola ) al punto che, come avviene ancora oggi in Inghilterra, all'autorità politica ai massimi livelli si accompagna, o direttamente o per interposta persona, quella massonica. Nessuna particolare deduzione in senso contrario può trarsi, come pure si è tentato, dal fatto che Napoleone abbia usato a volte espressioni sprezzanti nei confronti dei fratelli massoni (secondo il dottor O'Meara, suo medico a Sant'Elena, Napoleone avrebbe detto: "E' un mucchio d'imbecilli che si riuniscono per far festa e sceneggiare qualche ridicola sciocchezza. Essi compiono tuttavia qualche buona azione. Hanno dato un buon aiuto durante la rivoluzion3e e ancora recentemente per ridimensionare il potere del Papa e l'influenza del clero" ) e, ancor meno, dall'ordine impartito nel 1802 al ministro della giustizia Régnier di tenere sotto controllo (evidentemente in vista dello scioglimento) la loggia torinese "La Réunion" definita "estremamente pericolosa". Come si è detto, le logge non seguivano tutte la stessa politica e indubbiamente in alcune continuavano a essere presenti elementi giacobini avversi al Bonaparte soprattutto dopo l'assunzione dell'Impero ereditario. Non solo, quindi, le logge avevano dato il loro contributo alla rivoluzione francese, come riconosce lo stesso Napoleone, pur in un contesto critico nei confronti dei massoni, ma la massoneria è pienamente funzionale al regime napoleonico anche in Italia tanto che molte logge italiane si intitolano all'Imperatore o a suoi familiari (esistono così logge Giuseppina, Carolina, Giuseppe, Gioacchino e perfino, a Roma, Marie Louise). E' proprio il funzionale collateralismo massonico all'Impero francese a spiegare sia l'azione repressiva dei governi della Restaurazione, che in tutta l'Europa continentale si adoperano per la chiusura delle logge e per l'epurazione dei moltissimi impiegati massonici inseriti dal regime in tutti i rami dell'amministrazione, sia, per quanto riguarda più direttamente l'Italia, l'iniziale distacco dalla massoneria di quelle sette segrete, a cominciare dalla Carboneria e dalle sue Rivendite, che da sempre la storiografia ufficiale dell'Italia unita mette (in questo caso esattamente) alle origini del processo destinato a sfociare nel Risorgimento. Il fatto che la Carboneria, nata e attiva soprattutto nel Regno di Napoli, fosse avversa a Napoleone e a Gioacchino Murat, e quindi alla massoneria, cospirasse per il ritorno dei Borboni, (salvo poi cambiare quasi subito politica non appena fu chiaro che i Borboni intendevano ritornare all'assolutismo illuminato, del resto, in sostanza adottato, almeno per quanto riguarda l'assolutezza del potere regio e a parte le diversità dei simboli e dei riti, anche dal Murat) e si dicesse, in realtà più per motivazioni politiche che religiose, cristiana, ha consentito, soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni '20 del secolo scorso, a una parte della storiografia risorgimentalista di negare o comunque di sminuire il contributo della massoneria al Risorgimento. Tuttavia questa apparente differenziazione di principi e questa militanza in opposti campi politici sono assai meno determinanti di quanto può a prima vista sembrare. Come si è detto, politicamente le logge non sono sempre unite, come dimostra il caso della guerra di Indipendenza americana che vede le logge americane schierate quasi al completo a favore della Rivoluzione e quelle inglesi contrarie e non sempre, o non soltanto, per ragioni nazionalistiche. Le varie logge sono unite soprattutto da una identità culturale di base, che si esprime anche nell'impiego di linguaggi e simboli molto simili, una cultura alla quale tutte al di là dei contrasti si richiamano o alla quale comunque tutte ritornano dopo momentanee deviazioni. Anche se non si può probabilmente condividere l'opinione di Gian Mario Cazzaniga, che pretende di risolvere il rapporto carboneria-massoneria interamente "nella storia dei conflitti interni alla massoneria stessa, dove la Carboneria altro non è che una espressione organizzativa del filone massonico di carattere deista e repubblicano" (in realtà i carbonari, almeno in origine, non erano affatto repubblicani e comunque erano disposti a lavorare con i monarchici per il ritorno, a determinate condizioni, della monarchia borbonica), resta il fatto che in un breve volgere di tempo dopo la Restaurazione i carbonari si trasformarono quasi inavvertitamente in massoni e le rivendite si spensero o vennero risucchiate dalle logge. In realtà fino all'inizio del XX secolo la quasi totalità degli storici non dubitava della tesi, sostenuta con particolare vigore dagli esponenti della massoneria, che "larga parte del settarismo risorgimentale di matrice liberale e democratica, pur nell'innegabile diversità di simboli, principi e metodi d'azione, era riconducibile a una comune filiazione liberomuratoria, e che anzi, qualcosa di analogo poteva dirsi per molte delle associazioni segrete irradiatesi in Europa fra l'Età napoleonica e quella della Restaurazione" . A questa tesi pacificamente accolta si oppose nel 1925 lo storico Alessandro Luzio, secondo il quale il ruolo della massoneria nel risorgimento era stato se non assolutamente ininfluente, del tutto marginale. Gli argomenti del Luzio trovarono il consenso di Gioacchino Volpe, Benedetto Croce e altri storici, in quanto mettevano a nudo la vacuità e tendenziosità di tante ricostruzioni di matrice massonica, secondo le quali l'idea unitaria "era stata "concepita, partorita educata in loggia" e la carboneria "era figlia della massoneria, come la Giovane Italia nipote" . Tuttavia il peso di questi argomenti e degli stessi consensi conseguiti risulta alquanto diminuito dall'evidente intendimento del Luzio fosse pesantemente di supportare la decisione di Mussolini di mettere la massoneria fuorilegge e la conseguente necessità di depurare il mito del Risorgimento, carissimo al fascismo, che se ne considerava l'erede più diretto, dal contributo massonico. Del resto, come nota in suo recentissimo lavoro Fulvio Conti. riprendendo l'argomento da un critico del Luzio, Nello Roselli, "se la massoneria era rimasta così estranea al processo risorgimentale, come era stato possibile che all'indomani dell'unità essa fosse divenuta una delle poche strutture organizzative diffuse, sia pure in modo disomogeneo, sull'intero territorio nazionale, nelle quali si raccolsero tutte le anime politiche e ideologiche del Risorgimento"? In realtà, anche se il Conti, che, pur sforzandosi di mostrarsi imparziale, non riesce a nascondere una qual certa simpatia per la massoneria, si astiene dal farlo, si dovrebbe andare oltre e chiedersi come mai tutti o quasi i maggiori protagonisti del Risorgimento fossero massoni, e in massima parte massoni tutti gli uomini insediati in posizioni di potere già nel 1860, all'alba del Regno d'Italia, nonché gli implicati nei primi grandi scandali politico-economici dello Stato unitario: le costruzioni ferroviarie (1864), il monopolio tabacchi (1868), la Banca Romana (1889). Massoni di primo piano erano certamente, limitandosi ai nomi più noti (l'elenco completo prenderebbe pagine e pagine) Garibaldi, La Farina, Persano, Nigra, De Pretis, Crispi, Nicotera. Nonostante alcune opinioni contrarie sembra ormai certa l'affiliazione massonica di Cavour, che aveva fra i suoi più stretti collaboratori massoni come Nigra, La Farina e Persano, intratteneva rapporti privilegiati con le logge britanniche e venne più volte definito "fratello" all'interno delle logge, incluse quelle che, più animate da spirito rivoluzionario e repubblicano non ne condividevano la politica monarchica e moderata (nel discorso inaugurale della loggia Ausonia ci si augura che "le sorti dello Stato siano di nuovo guidate dalla mano sicura e dalla gigantesca mente del nostro illustre fratello conte Camillo Cavour"; al contrario la loggia Azione e Fede di Pisa, evidentemente contraria alla politica cavourriana, nel porsi il problema se gli adepti alla loggia debbano rendere gli onori funebri previsti dai riti massonici ai "fratelli" Delpino e Cavour (riconosciuti, quindi, massoni anche dai loro avversari) lo escludono "perché non si conoscono loro meriti tali da fare che una loggia, a cui essi erano estranei, prenda a onorarli in simil modo". Più dubbia la posizione di Mazzini anche se la Rivista della Massoneria lo definisce più volte "fratello" e se gli viene offerto con insistenza il ruolo di "Gran Maestro", che rifiuta tuttavia con espressioni che rivelano non solo stima, ma contiguità politica e culturale. Del resto, pur se in mancanza di più approfondite ricerche e, per quanto mi risulta, in assenza di documenti inconfutabili, non la ritengo sufficientemente provata, non si può non ricordare l'opinione secondo la quale nel 1834 gli Illuminati di Baviera avrebbero affidato a Mazzini la direzione del loro programma rivoluzionario mondiale, che avrebbe tenuto fino al 1872, anno della morte (dal 1840 con la collaborazione del generale Albert Pike, col quale nel 1870 avrebbe dato origine al Rito Palladio, sempre di ambito massonico). E' appunto la fortissima presenza massonica nel movimento unitario che spiega l'appoggio decisivo che questo, attraverso le logge britanniche, ottenne dall'Inghilterra, il cui intervento, in termini sia di finanziamento (/è noto che la spedizione dei Mille fu resa possibile dal versamento di tre milioni di franchi francesi, convertiti, per coprirne l'origine, in piastre turche), sia di appoggi al limite dell'intervento militare, era dovuto sì a ragioni economiche (il controllo delle miniere di zolfo siciliane) ed imperiali tanto che si è potuto parlare dell'unificazione italiana come di una guerra coloniale inglese, ma soprattutto dal progetto di distruggere il cuore dell'odiatissimo papismo. Anche nell'Italia del Risorgimento si riproduce quanto già era avvenuto in Francia con logge repubblicane e altre monarchiche, estremiste logge garibaldine e logge moderate per i buoni borghesi amanti dell'ordine, ma unite tutte, anche qui esattamente come in Francia, dall'odio viscerale per la religione cattolica e dal programma di azione riassunto da Voltaire nel celebre motto "ecrasez l'infame". Si spiega così perché già nel 1849 in Piemonte si sciolgono l'ordine dei Gesuiti e vari altri ordini femminili (Dame del Sacro Cuore) e maschili, ribattezzati per giustificare i provvedimenti presi nei loro confronti "gesuitesse" e "gesuitanti", e si procede all'espropriazione di tutti i beni degli ordini religiosi. Si spiega anche perché ad unificazione politica avvenuta nel Parlamento subalpino (siamo nel luglio 1862) il deputato Petrucelli della Gattina possa dire fra gli applausi generali: "Fare la guerra alla preponderanza cattolica nel mondo, per tutto, con tutti i mezzi, questa la nostra politica avvenire. Noi vediamo che questo cattolicesimo è un istrumento di dissidio, di sventura e dobbiamo distruggerlo", e un anno dopo il semiufficioso "Il Diritto", portavoce del De Pretis, dell' 11 agosto 1863 scrivere: "Quand'anche tutti gli uomini che hanno autorità nelle cose d'Italia e tutti i partiti che li secondano, fossero concordi nel volere, a dispetto della civiltà, mantenere intatto l'edifizio della Chiesa cattolica la nostra rivoluzione tende a distruggerlo, e deve distruggerlo e non può non distruggerlo senza perire. Nazionalità, unità, libertà politica sono mezzi a quel fine, mezzi che eventualmente sono grandi e solenni benefici per noi, ma che pure sono, rispetto all'umanità, null'altro che mezzi per conseguire quel fine, che a lei sta sommamente a cuore, della totale distruzione del medioevo nell'ultima sua forma il cattolicesimo. Ancora più chiaramente il Bollettino Officiale del Grande Oriente d'Italia dell'aprile 1865 (si notino le concordanze fra le dichiarazioni di un rappresentante del popolo, un giornale politico e l'organo ufficiale dell'Ordine): "La nazioni riconoscevano all'Italia il diritto di esistere come nazione in quanto le affidavano l'altissimo ufficio di liberarla dal giogo di Roma cattolica. Non si tratta di forme di governo; non si tratta di maggior larghezza di libertà; si tratta appunto del fine che la massoneria si propone; al quale da secoli lavora, a traverso ogni genere di ostacoli e di pericoli" . Anche se il timore crescente delle classi borghesi, che hanno nella massoneria, come giustamante rilevato da Antonio Gramsci, la loro vera organizzazione politica, per il rafforzarsi del movimento socialista e quello, ancora più forte, di un suo possibile saldarsi con le organizzazioni cattoliche hanno già determinato fin dai primi anni del nuovo secolo ravvedimenti e parziali modifiche di rotta, questa situazione di attiva militanza anticattolica, condotta non solo dalle logge, ma per loro influsso dagli organi dello Stato, prosegue fino alla guerra del '15-18 (di recente incredibilmente definita guerra di liberazione dal presidente Ciampi, evidentemente dimentico dell'impegno austriaco a cedere all'Italia le cosiddette zone irridente -Trento e Trieste - in cambio della conservazione di una neutralità che avrebbe evitato al popolo italiano l'immane sacrificio di 600.000 morti e milioni di mutilati). I massoni definiscono questo orribile conflitto, autentico primo tempo della guerra civile europea, dal quale nasceranno gli orrori del nazismo e del comunismo e del secondo conflitto mondiale, "guerra di rinnovamento morale e civile, guerra di redenzione -interna ed esterna -degli oppressi, guerra per la lega dei popoli liberi - veramente liberi-… riassunto spirituale degli intenti e dell'opera massonica universale: libertà uguaglianza fratellanza" (circolare 8 ottobre 1918). Il 1° ottobre 1917, mentre il Papa e la Chiesa si adoperano per la pace, il Grande Oriente invia a tutte le logge una circolare per esortare all'organizzazione bellica e a contrastare "la potente organizzazione clericale che - coerente alla sua secolare politica liberticida, e paurosa del carattere rinnovatore del presente conflitto -, si vale delle armi spirituali per infiacchire gli animi e provocare una pace prematura che deluda le nostre speranze" .

Francesco Mario Agnoli