G.r.i.s. Gruppo Ricerca Informazione Socio Religiosa Diocesi di Rimini
Saranno 200 gli appuntamenti del «Festival della Filosofia» che si svolge tra Modena, Carpi e Sassuolo da oggi a domenica promosso dalla Fondazione San Carlo. Al sapere è dedicata questa settima edizione del Festival, che si svolge sotto il patrocinio dell'Unesco. Tra gli ospiti J. Rifkin, J. Hillman, Z. Bauman, M. Augè, F. Jullien, G. Ravasi, E. Bianchi, S. Givone, R. Bodei. Pubblichiamo la lectio magistralis che terrà domani alle 11.30 Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose.
La vita interiore è quell'esperienza essenziale all'uomo per umanizzarsi, per realizzare la propria vocazione profonda e così rifuggire il rischio di un'esistenza dissipata, preda del non-senso. È quella vita che inizia con il movimento elementare di presa di distanza da sé e sfocia nella domanda decisiva: «Chi sono?».
Scrive Platone:
«Il più grande bene per l'uomo è interrogarsi su se stesso, e indegna di essere vissuta è una vita senza tale attività» (Apologia di Socrate 28,38a).
La riflessione su questo tema è cara alle culture di ogni tempo
e latitudine. Nell'occidente essa ha trovato la sua formulazione più
pregnante nel famoso adagio gnôthi sautón, «Conosci
te stesso», scolpito sul frontone del tempio di Apollo a Delfi.
Ora, come ha osservato giustamente Étienne Gilson,
«i greci dicono: conosci te stesso per sapere che non sei un Dio, ma un mortale; i cristiani dicono: conosci te stesso per sapere che sei un mortale, ma l'immagine di un Dio».
Affermazione di capitale importanza per una corretta comprensione della vita spirituale in senso cristiano. Al centro della rivelazione biblica non vi è infatti lo sforzo dell'uomo teso a conoscere se stesso, ma l'affermazione fondamentale che Dio conosce l'uomo: «Signore, tu mi scruti e mi conosci», dice il salmista (Sal 139,1).
Dio conosce la vita conscia e la vita inconscia dell'uomo, conosce anche
ciò che l'uomo non può conoscere di sé; l'uomo, per
parte sua, deve conoscere di essere conosciuto da Dio, cioè di
essere preceduto, amato, chiamato e orientato da Dio: per la Scrittura
è all'interno di questo movimento basilare che l'uomo può
conoscere se stesso.
In tale ottica, è evidente che la conoscenza di sé da parte
dell'uomo è assolutamente inseparabile dalla conoscenza di Dio.
Quest'ultima, infatti, senza la conoscenza di sé produce la presunzione,
mentre la conoscenza di sé senza la conoscenza di Dio ingenera
la disperazione. Tale duplice conoscenza, evento di grazia e di rivelazione,
produce invece l'umiltà. Che altro è, infatti, l'umiltà
se non l'autentica conoscenza di sé, l'adesione alla propria creaturalità,
il riconoscimento dell'humus da cui l'uomo proviene e che può condurlo
a umanizzarsi, a divenire homo? Siamo qui alle radici della vita spirituale
cristiana.
Ora, se analizziamo la situazione attuale del cristianesimo nel nostro
occidente, troviamo non pochi ostacoli che si frappongono alla pratica
della vita interiore e della vita spirituale cristiana, ostacoli annidati
nel clima culturale che si respira e ormai ben insediati anche al cuore
della vita ecclesiale. Occorre pertanto vigilare affinché quello
che si persegue nella vita spirituale sia davvero l'incontro con il Dio
vivente, tre volte santo, cioè Altro. Vita spirituale cristiana,
dunque: non la ricerca di una fusione impersonale con Dio, ma vita segnata
dall'alleanza quale incontro di alterità. C'è molta voracità
religiosa oggi, anche nella chiesa: si ricerca più la religione
che la fede, si vorrebbe un Dio immediatamente accessibile, disponibile
nelle sue operazioni, e si rigetta l'arte dell'incontro e della comunicazione
nella differenza, nell'alterità, con accettazione delle distinzioni
e della distanza. Si rigetta, in sostanza, la santità di Dio. Questo
atteggiamento regressivo e narcisistico cerca unioni fusionali, rapporti
sensoriali, desiderio di una unità panica e impersonale... No,
va ribadito con forza che nella spiritualità crist iana la via
non è quella della divinizzazione facile e impersonale, ma un lungo
cammino che va dall'essere generati per grazia quali nuove creature al
diventare figli nel Figlio di Dio attraverso una sequela vissuta nella
storia, nella comunità dei credenti, nella compagnia degli uomini:
occorre un andare a Dio guidati dallo Spirito santo.
Va rilevata un'altra tentazione, anch'essa assai diffusa oggi: quella
di cercare Dio confidando in tecniche di iniziazione, in pratiche di concentrazione,
in metodi di meditazione spesso originari dell'estremo oriente. L'età
della tecnica ci pone di fronte al fenomeno della «tecnicizzazione
dello spirito», ma la vita spirituale cristiana e, al suo cuore,
la preghiera, sono quanto di meno tecnico possa esistere. Essa è
un cammino che attraverso le mediazioni tipiche della tradizione cristiana
(la Scrittura, i sacramenti, il padre spirituale...) tende a guidare l'essere
umano a un esodo, a un'uscita da sé che, tramite l'adesione personale
a Cristo e l'acquisizione del dono dello Spirito, lo renda capace della
vita di agape a immagine del suo Signore. Nella vita spirituale cristiana,
alla centralità dell'«io» viene cioè opposta
la centralità del Cristo - «non sono più io che vivo,
ma è Cristo che vive in me» scriverà san Paolo ai
Galati -, al benessere interiore o all'espansione delle proprie facoltà
psichiche, la vita di carità e la libera donazione di sé
per amore. Secondo il linguaggio tradizionale cristiano, questo significa
che la vita spirituale è sotto il segno della grazia: alla tentazione
pelagiana, il vero spirituale cristiano oppone l'espressione della sua
totale apertura alla grazia.
Certo, nella vita spirituale sono necessari anche metodi, esercizi, ascesi,
ma chi salva, chi conduce alla comunione con Dio è lo Spirito santo,
è la grazia, non ciò che proviene dall'uomo. L'orgoglio
umano porta a pensare la vita spirituale come una vita in cui noi restiamo
i protagonisti, una vita segnata dalle nostre opzioni , dai nostri progressi,
dalle nostre contraddizioni e cadute. Ma nella spiritualità cristiana
risuoneranno sempre l'esclamazione di san Paolo agli Efesini - «E'
per grazia che siete stati salvati» e le parole di Gesù raccolte
dall'evangelista Giovanni: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto
voi e vi ho costituiti perché facciate frutto e il vostro frutto
rimanga».
Sì, la vita spirituale cristiana proprio per la sua docilità all'agire dello Spirito santo, diviene vita di profonda fecondità.
da avvenireonline del 14/09/2007