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Adorare per non morire
Stefano Maria Chiari 11/07/2007

«Potter o Bond purché sia saga. Uno crede nella magia e negli amici, l'altro nella tecnica e nei flirt. I re del cinema seriale attesi dal pubblico con immutabile piacere». (1)
Per il piccolo mago divenuto adolescente è addirittura partita una petizione in rete, al fine di impedirne la scomparsa.
A cosa si deve la ragione di tanto appassionato attaccamento e a tanta necessità - quasi morbosa - di evitare l'estinzione di una serie?
Nel caso di Harry Potter, poi, immaginiamo che la maggior parte dei fan sia formata da adolescenti; proprio da coloro che della

speranza nella vita si fanno forti contro qualunque possibile destino, spesso fino al punto di rischiare anche stupidamente la sfida dell'immortalità.

Siamo troppo riduttivi, se scorgiamo in queste malcelate ed autentiche dipendenze quell'idolo di cui mai un uomo potrà fare a meno?
Non è forse il cuore dell'uomo creato essenzialmente per adorare?
Non è questa un'evidenza estrema?
Non è adorazione il culto di sé fino al disprezzo di Dio, o il culto delle cose, di quello che possano esse conferirci, di un lavoro, di un amore (addirittura), del denaro, di uno sport, di una passione (più o meno buona o lecita), della sessualità disordinata?
Non si vive mai solo da sé; l'uomo necessita sempre di trovare in «qualcosa» o «qualcuno» un fine, una ragione, un senso, affinchè la propria insensata (più o meno conscia) vertiginosa corsa verso la morte abbia il sapore meno duro di un esilio forzato e si tramuti (secondo le prospettive) in un consolatorio momento di «relax».
Quanto c'è della «paura» di estinguersi, dietro ogni gesto, ogni sogno, ogni pensiero.
La vita dell'uomo è un'autentica liturgia sacra tributata all'eterno idolo prescelto; ma, attenzione!
Ad ogni scelta segue un salario specifico.
Chi semina nella carne raccoglierà solo corruzione; chi vive dello spirito, vita eterna.
Avete mai pensato su quale sia il comandamento più violato in assoluto?
So che molti di voi penseranno al peccato contro la purezza; ebbene, non è così.
Il comandamento meno osservato e, nello stesso tempo, più importante, è proprio il primo: «non avrai altro Dio all'infuori di me».
Ogni violazione della legge discende da una previa privazione d'autorità a Chi solo ha il diritto di possederla.
Non fu questo il peccato d'origine?
Non consistette in un mancato riconoscimento della propria alterità a Chi possiede la suprema trascendenza e, solo, può legiferare sul bene e sul male?

Attenzione quindi a quel che c'è nel cuore; Gesù ci insegna: dov'è il tesoro, lì e non altrove, sarà il nostro cuore.
E cos'è questo tesoro, se non il «tutto» in cui necessariamente proietto il mio vivere e da cui traggo energia, forza, motivazione e fine ultimo?
Ed ancora Gesù ci mette in guardia di non appesantire il cuore; non tutti gli idoli sono Dio; anzi uno solo è Dio ed è Spirito, capace di conferire l'autentica libertà della verità, accompagnata sempre da gioia, pace, amore, serenità.
In caso contrario, dal cuore usciranno i «frutti» degli idoli, falsi dei, inquilini abusivi dell'anima, dissipatori della sua felicità: furti, omicidi, adulteri, invidie, discordie, infelicità, depressioni.
Come custodire un cuore integro ed autenticamente libero e cui davvero sia consentito di accedere all'albero della vita, al centro del giardino di Eden?
Imparando ad adorare l'unico Vero Dio; adorando in spirito e verità, secondo quel vero che discende da Dio stesso e trova in Cristo la sua pienezza eterna.
Logos del Padre, ragion d'essere in Sé e nel creato, effusore dello spirito che dà vita.
Preghiera di adorazione; nulla è più grande, tanto da costituire lo stesso nostro vivere eterno.
Ma di questo, se Dio vuole, un'altra volta.

Stefano Maria Chiari


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Note


1) da http://www.lastampa.it

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