G.r.i.s. Gruppo Ricerca Informazione Socio Religiosa Diocesi di Rimini
Jean GALOT
Tratto da 30 Giorni, anno XVIII, luglio/agosto 2000, p. 62-66.
Gli apostoli Pietro e Giovanni al sepolcro vuoto. Pietro vide. Giovanni vide e credette. Intervista con Jean Galot, professore emerito di Cristologia alla Pontificia Università Gregoriana
Erano pescatori di Galilea, gente concreta. Altro che visioni interiori. Dopo quel che era successo sul Calvario, se ne erano tornati a casa, ben chiusi dentro «per timore dei giudei». Lui era morto davvero, e perciò realmente, per quei poveretti, era finito tutto. Ma quella domenica mattina davanti al sepolcro vuoto, qualcosa, in quella dolorosa ma realistica rassegnazione, si incrinò. Il gesuita Jean Galot, 81 anni, professore emerito di Cristologia alla Pontificia Università Gregoriana, è tornato di recente su quella scena. In un saggio pubblicato sulla "Civiltà Cattolica", zeppo di riferimenti a recenti studi esegetici e a documentate ricerche sugli usi funerari dell'antico mondo ebraico, ha accompagnato Giovanni e Pietro sulla soglia del sepolcro. Cercando di discernere perché, in quel momento, Giovanni ebbe la prima, inizialissima percezione che invece avevano vinto. Il saggio di padre Galot ha un titolo pieno di suggestione: "Vedere e credere". Perché tutto è ricominciato così. Quando i suoi, che Lo avevano visto morto, con gli stessi sensi Lo hanno visto e Lo hanno toccato risorto.
Ricordiamo i fatti. Quella mattina, Maria Maddalena
tornò dicendo che la pietra del sepolcro era stata ribaltata...
JEAN GALOT: E subito, a quella notizia, due discepoli, Pietro e Giovanni,
corsero al sepolcro per vedere cosa era successo. Giovanni, correndo più
veloce, arrivò per primo, ma non entrò. Si limitò a
sbirciare dalla porta i teli che erano ancora là. Poi arrivò
Pietro, entrò per primo nel sepolcro, vide ciò che c'era.
Giovanni entrò dietro di lui...
Rispetto a ciò che si trovano davanti, il
resoconto del Vangelo registra la differente percezione dei due: Pietro
«vide», Giovanni «vide e credette»...
GALOT: Pietro è colpito, quasi turbato da ciò che vede, ma
rimane in una condizione di perplessità. In Giovanni, lo stupore
è ancora più grande, perché in lui c'è una prima,
embrionale intuizione del mistero della resurrezione.
Questa diversità di reazione cosa significa?
GALOT: Non vuol dire che la fede di Pietro sia minore di quella di Giovanni.
Ma indica certo una diversità di temperamento tra i due. La fede
di Pietro ha, per così dire, bisogno di più tempo. A Pietro
serve tempo per cogliere la realtà di ciò che vede. Quando
Gesù aveva chiesto agli apostoli «Voi, chi dite che io sia?»,
questa domanda era stata posta dopo un lungo tempo di convivenza, durante
il quale Gesù aveva fatto emergere ciò che Lui era. In quell'occasione,
fu proprio Pietro a rispondere in maniera sorprendente. Aveva avuto il tempo
di osservare e meditare. La sua risposta sollecita era il risultato di una
convivenza prolungata nel tempo. Al sepolcro, Giovanni, pur nella scarsità
degli indizi, coglie, anche se in forma iniziale, come sono andate realmente
le cose. Che cioè il corpo non è stato rubato, ma Gesù
è uscito vivo, nel suo corpo risorto, dai teli che lo avvolgevano.
Anche un altro episodio, accaduto dopo, conferma la maggior attitudine intuitiva
di Giovanni. Quando Gesù appare sulla riva del lago e invita gli
apostoli a gettare le reti dalla parte destra della barca, dinanzi alla
pesca miracolosa, è Giovanni che riconosce subito Gesù: «Allora
quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "E' il Signore!".
Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi
la tunica, e si gettò in mare» (Gv 21,7). Anche in questo caso,
Giovanni riconosce subito l'autore del miracolo, mentre Pietro sembra più
concentrato sul risultato del miracolo, preoccupato dei problemi che poneva
la quantità di pesci. E' una situazione analoga a quella verificatasi
nella visita al sepolcro vuoto, dove Pietro aveva concentrato il suo sguardo
su ciò che testimoniava la sparizione del corpo, mentre Giovanni
vi aveva colto il segno della resurrezione. Lo sguardo più penetrante
di Giovanni, attraverso il sepolcro e i segni che rimanevano della presenza
di Gesù, iniziava ad entrare nella fede pasquale.
Questa maggiore intelligenza degli indizi, anche
di quelli più piccoli, ha a che fare con il fatto che Giovanni era
il discepolo prediletto da Gesù?
GALOT: La predilezione di Gesù nei suoi confronti lo aiutava ad aprire
gli occhi, a far coincidere, per quanto possibile, il suo modo di vedere
le cose con il modo di Cristo. Ma pur nella sua maggior immediatezza d'intuizione,
Giovanni appare rispettoso dell'autorità di Pietro. Non rivendica
per sé alcuna autorità, alcun primato. Arrivato per primo
al sepolcro, non entra, si ferma sulla soglia e attende che Pietro entri
per primo, nonostante fosse curioso di vedere cosa c'era dentro. E poi avrebbe
certo desiderato di condividere l'iniziale riconoscimento di quanto era
accaduto nel sepolcro con il suo amico Pietro, ma si rendeva conto che il
tempo di questa condivisione, di questa corrispondenza di sguardo non era
ancora giunto. E allora non urge, non impone la sua maggiore acutezza di
sguardo, rispetta il tempo necessario a Pietro per giungere a riconoscere
la stessa realtà.
Ma cosa c'era, lì dentro? Cosa hanno veramente
visto i due?
GALOT: Alcuni recenti studi esegetici hanno precisato il reale contenuto
del testo, segnalando alcune imprecisioni delle traduzioni correnti che
possono sviare la comprensione. Il primo errore è che molte versioni
traducono con il vocabolo bende la parola greca ?????a, che in realtà
indicava tutti i teli funerari in cui venivano fasciati i defunti, compresa
la sindone, il telo più ampio, che avvolgeva tutto il corpo. Inoltre,
a sentire molte versioni correnti, i suoi apostoli avrebbero visto i teli
caduti a terra, e il sudario (il fazzoletto arrotolato che veniva legato
intorno al volto del defunto, per tenergli chiusa la bocca) posto «in
disparte, ripiegato in un luogo diverso». Invece, secondo traduzioni
recenti e accurate, basate su un'attenta analisi grammaticale dell'originale
greco, tutto era rimasto al suo posto. Anche il sudario non era stato spostato,
ma era rimasto giacente in mezzo ai teli. Lo si distingueva, in rilievo,
sotto la sindone ormai afflosciata.
Sono dettagli così importanti?
GALOT: Aiutano a intuire cosa suscitò lo stupore e l'inizio di fede
in Giovanni. Se il corpo fosse stato portato via da qualcuno, i teli non
sarebbero rimasti intatti nello stesso luogo, e il sudario sarebbe stato
tirato fuori dai teli e messo da parte, al momento della sparizione, proprio
come sembrano indicare molte traduzioni correnti. Invece il corpo di Gesù
non c'era più, ma tutto il resto -i teli, il sudario- era rimasto
nello stesso posto. Addirittura il sudario era rimasto avvolto nei teli,
al suo posto iniziale. Giovanni forse, davanti a quella vista intuì
che Gesù non lo aveva portato via qualcuno, ma che era uscito vivo
dal sepolcro sottraendosi in maniera misteriosa alla sindone e al sudario
che lo avvolgevano, fuori dalle leggi dello spostamento dei corpi, lasciando
tutte le cose intatte. Erano i segni di un intervento soprannaturale, che
aveva sottratto il corpo di Gesù alla collocazione che aveva nel
sepolcro senza sconvolgere nessuno dei teli adoperati per la sepoltura.
Per questo si può dire che lì, davanti ai teli giacenti iniziò
a riconoscere l'evento della resurrezione.
Un evento che pure Gesù aveva più volte
annunciato...
GALOT: Ogni volta che aveva accennato alla sua passione, Gesù aveva
aggiunto che il terzo giorno il Figlio dell'uomo sarebbe risorto. Eppure,
dopo la sua crocifissione nessuno ricordava queste parole. Molti non se
ne ricorderanno neppure quando lo vedranno risorto. Le avevano dimenticate
tutti, tranne Maria, colei che per nove mesi aveva portato nel proprio grembo
quel corpo, lo stesso corpo che avevano crocifisso. Si può dire che,
durante quei tre giorni, tutta la speranza del mondo fu custodita solo da
Maria. Giovanni stesso aveva udito più volte le parole di Gesù
che annunciavano la resurrezione. Era stato, con Pietro e Giacomo, presente
all'evento della trasfigurazione, quando Gesù si era raccomandato
di non raccontare a nessuno ciò che avevano visto, «se non
dopo che il Figlio dell'uomo fosse risorto dai morti». Loro avevano
obbedito al comando, «domandandosi però cosa volesse dire risorgere
dai morti» (Mc 9,9.10). Quindi Giovanni avrebbe dovuto essere preparato
ad accogliere il mistero della resurrezione. Eppure quelle parole gli ritornano
alla memoria solo quando vede la sindone e il sudario rimasti intatti nel
sepolcro dopo che Gesù ne è uscito vivo. L'inizio della sua
adesione alla fede, come viene riportato nel testo evangelico, è
causato da ciò che ha visto nel sepolcro. E' suscitato da indizi
esigui, ma reali, visibili.
Come cresce, per Giovanni, questo inizio? Forse attraverso
una riflessione religiosa?
GALOT: In quella prima esperienza presso il sepolcro vuoto, Giovanni aveva
avuto soltanto un'idea vaga e indiretta della resurrezione di Gesù
Cristo. Constatando la sua assenza dal sepolcro, aveva forse intuito il
modo soprannaturale in cui essa si era verificata. Ma solo le apparizioni
di Gesù nei quaranta giorni che seguono, i contatti concreti col
Risorto gli permettono di fondare con certezza la sua missione di testimone.
In quei loro incontri Gesù si manifesta per suscitare la fede, per
procurare alla fede un fondamento oggettivo più evidente. Non esita
a mostrare il suo corpo con insistenza, un corpo che porta ancora i segni
della crocifissione. Rafforza il vedere per far sorgere il credere. Con
il moltiplicarsi degli indizi, si passa da una prima intuizione al riconoscimento
di una realtà inimmaginabile, di un fatto reale che si rivela più
grande e sorprendente di ogni attesa.
E questo accade a un gruppetto di ebrei impauriti
e rassegnati, poco propensi a visioni mistiche, dopo che tutto era finito.
GALOT: Il punto di partenza del movimento della fede, a cominciare dagli
indizi del sepolcro vuoto, è sempre una realtà visibile. Questo
fattore è importante, perché smentisce coloro che interpretano
la fede nella resurrezione di Gesù Cristo come una mera convinzione
intima. Spazza via tutte quelle tesi idealiste secondo cui i discepoli si
convinsero che Gesù era risorto, proiettando in questa autosuggestione
i propri sentimenti soggettivi di amore verso il loro Maestro. Invece, è
perché hanno visto il Signore risorto che hanno creduto. La fede
nasce dal riconoscimento di realtà visibili. Non è un'opera
mentale soggettiva che si sarebbe creata il proprio oggetto. Sant'Agostino,
nel "De civitate Dei", sottolinea come su questo aspetto il fatto
cristiano sia esattamente l'opposto della dinamica del sentimento religioso
che nasce dall'uomo, rappresentato dalla religione imperiale che divinizza
i destinatari delle proprie devozioni: «Illa illum amando esse deum
credidit; ista istum Deum esse credendo amavit», «Roma, siccome
amava Romolo, lo credette Dio. La Chiesa, invece, siccome riconobbe che
Gesù Cristo era Dio, lo amò».
Oggi tanti maestri spirituali, nella Chiesa, insegnano
che la purezza interiore della fede non ha bisogno di indizi esteriori.
Una fede che dipende dal "vedere" e dal "toccare" sarebbe,
a sentir loro, rozza e grossolana.
GALOT: Eppure la testimonianza degli apostoli è stata questa. La
loro fede è tutta nella semplicità di una constatazione, inizia
in loro quando Lo hanno visto e Lo hanno toccato risorto. Quando Pietro
cerca di individuare un sostituto di Giuda nel collegio apostolico, usa
un unico criterio: chi subentra a Giuda dovrà essere un testimone
non della vita ma della resurrezione di Gesù. Gli apostoli sono i
testimoni oculari della resurrezione di Gesù. E tutto è affidato
e sospeso alla loro esperienza, visto che Gesù non ha lasciato un
suo insegnamento scritto, una dottrina spirituale codificata. Insomma, all'origine
della fede della Chiesa nella resurrezione c'è stato un vedere. E
la fede della Chiesa non potrà mai essere separata da questo vedere
iniziale, e troverà sempre il suo fondamento nell'esperienza fatta
dagli apostoli e nella loro testimonianza. Come scrive sempre nel "De
civitate Dei" Sant'Agostino: «Resurrexit tertia die sicut apostoli
suis etiam sensibus probaverunt», «E' risorto il terzo giorno,
come gli apostoli, anche con i sensi, hanno verificato».