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La terra promessa, il sionismo e le derive del fondamentalismo
di Maurizio Blondet. Avvenire 30 settembre 2004

Alcuni teologi protestanti accusano: negli Usa molti cristiani vedono il successo di Israele come un segno della venuta del Messia. Il metodista David Curtis: «70 milioni di americani la pensano così»

 

«L'escatologia conta?»: è il tema dell'ultima predica del reverendo David Curtis, pastore metodista in Virginia. La sua risposta: eccome conta. «La nostra visione dei tempi ultimi forma la nostra visione del mondo e la nostra politica», ha spiegato ai suoi fedeli. Ma il reverendo Curtis non è uno dei 70 milioni di "cristiani rinati" americani convinti che l'America è l'Impero del Bene dei Tempi Ultimi, e che aiutando Israele a prendere possesso della Terra Santa secondo le promesse bibliche, l'America accelera il secondo avvento di Gesù.

 

Al contrario: Curtis è uno dei sempre più numerosi pastori protestanti che stanno prendendo le distanze da questa visione apocalittica, che si traduce in una politica di totale appoggio a Sharon. Il 10 ottobre scorso la Chiesa presbiteriana Usa (2,5 milioni di fedeli) ha pubblicamente criticato Israele per il suo espansionismo militare nei Territori; e la Chiesa episcopale sta per seguirne l'esempio. 

Stephen Sizer, pastore anglicano britannico, ha scritto un libro per denunciare l'eccessiva sicurezza dei protestanti americani di essere gli strumenti della divina provvidenza. Il suo saggio, Roadmap to Armageddon (Armageddon è il luogo della battaglia finale apocalittica) sta facendo breccia negli ambienti fondamentalisti Usa.

Sono i segni di un ripensamento?

L'alleanza "spirituale" fra la "destra cristiana" Usa e la destra israeliana data dagli anni '70, quando Menachem Begin fu eletto premier in Israele, sostituendo il secolarizzato partito laborista israeliano col fondamentalista Likud. Allora, ha spiegato il reverendo Curtis ai suoi fedeli, «la strategia del Likud fu semplice: separare (il presidente) Carter dalla sua base fondamentalista, e portare questa base ad appoggiare Israele nella sua opposizione al piano di pace dell'Onu per il Medio Oriente». 

Successo pieno, anche grazie a telepredicatori come Jerry Falwell e la sua Moral Majority, Tammi Bakker e Pat Robertson. «Falwell sostiene che il futuro di Israele è più importante di ogni altra questione politica», ha detto Curtis, «che gli ebrei hanno sulla Palestina un diritto fondato sulla teologia e sulla storia. Dice che l'ha imparato dall'Antico Testamento. Ma Falwell dovrebbe leggere un po' anche il Nuovo». E con molte citazioni da Matteo e San Paolo, Curtis sostiene che «il sionismo cristiano è un'eresia». 

Da Tel Aviv lo scrittore e pacifista Uri Avneri si inquieta della "destra religiosa" israeliana, la quale ha cominciato a definire gli ebrei secolari "amaleciti": popolo che Javeh avrebbe ordinato di "sradicare". «È la base teologica per la guerra civile», protesta Avneri. L'escatologia conta, eccome.

Maurizio Blondet

Fonte:www.avvenire.it

30.09.04