G.r.i.s. Gruppo Ricerca Informazione Socio Religiosa Diocesi di Rimini
di Francesco Agnoli
Gli storici fantasiosi, si sa, sono tanti. Quelli faziosi, ancora di più. Cito due vicende, tra le tante.
Nel 1810 Napoleone Bonaparte emana un editto di occupazione degli archivi papali. Da Roma partono enormi carri con gli incartamenti, contenenti tra il resto il codice del processo a Galilei. Questi trafugamenti devono evidentemente servire ad una operazione di propaganda. Poi, in realtà, ci si accorge che i documenti su Galilei non saranno così utili per una operazione propagandistica di un certo livello, e si lascia cadere il progetto. Analogamente, anche in Spagna Napoleone desidera presentarsi come il liberatore. Per questo decide di servirsi della famosa leggenda nera di crudeltà e di barbarie ispaniche affinché l’Europa manifestasse solidarietà con la loro rivolta. Al gioco si presta l’allora segretario generale dell’Inquisizione spagnola, Antonio Llorente, bruciando tutti gli atti dei casi criminali che gli passarono per le mani per poter così manipolare in tranquillità la storia dell’Inquisizione spagnola, infarcendola anche di accuse ridicole ed esagerate.
Un caso simile si presenta oggi con il celeberrimo Il Codice da Vinci di Dan Brown, in cui vengono presentate delle tesi storiografiche ed artistiche che lasciano allibiti. Nel senso che non si sa da che parte partire per smontare l’incredibile costruzione menzognera di questo Pinocchio a dieci dimensioni, il cui naso bucherà, a breve, gli schermi cinematografici.
Tra le affermazioni grottesche dell’autore americano,
c’è sicuramente quella secondo cui la Chiesa avrebbe combattuto un presunto
"principio femminino", predicato dal Cristo originario, per poi configurarsi
come una congregazione di potere ferocemente maschilista. A tale scopo
Dan Brown omette di spiegare, ad esempio, che la Chiesa, nella sua riforma
dell’istituzione matrimoniale, abolì, oltre alla lapidazione femminile
per adulterio, la possibilità del ripudio, che era concessa, sia presso
gli ebrei che presso i r omani, ai soli maschi. Dimentica, inoltre, volutamente
o per! ignoranza, che la monogamia predicata da Cristo e dalla sua Chiesa,
ha cambiato del tutto la storia di milioni di donne, in tutte quelle parti
del mondo in cui esse erano state sino ad allora sottomesse alla poligamia.
La monogamia, infatti, fu, storicamente, l’affermazione della pari dignità
spirituale tra uomo e donna, che sino a Cristo non era mai stata riconosciuta.
L’assurdo è che pur di mentire Brown fa dire ai vangeli gnostici ed apocrifi, che sarebbero per lui quelli veri, originali, l’esatto contrario di quello che dicono, sperando, evidentemente, che nessuno abbia la voglia di leggerseli. Brown cita, ad esempio, il Vangelo apocrifo di Tommaso, nel quale in realtà si trovano frasi ben poco femministe, come questa:
«Simone Pietro disse loro: "Maria si allontani di mezzo a noi, perché le donne non sono degne della vita!". Gesù disse: "Ecco, io la trarrò a me, di modo da fare anche di lei un maschio, affinché anch’essa possa diventare uno spirito simile a voi maschi . Perché ogni donna che diventerà maschio entrerà nel regno dei cieli"».
Il concetto tipico dei vangeli gnostici è infatti piuttosto anti-femminile:
al punto che di solito non si riconosce alla Madonna la maternità di Cristo,
perché non si concepisce l’idea di un Dio che si incarni nel ventre di
una donna. Sempre nel Vangelo di Tommaso infatti si legge:
«Quando vedete colui che non è nato da donna [Gesù stesso, uomo solo in apparenza], prostratevi col viso a terra e adoratelo».
In effetti non solo il vangelo di Tommaso, ma gran
parte dei vangeli e dei movimenti gnostici, di ispirazione manichea, sempre
avversati dalla Chiesa, ebbero una visione della donna in sostanza profondamente
negativa. Nella loro ottica infatti il mondo creato è opera non di un
dio buono, ma di un dio malvagio, che ha imprigionato le anime nei corpi:
ciò significa che l’aspirazione degli uomini dovrebbe essere non quella
di gustare e di godere della vita, ma di sfuggirla, soprattutto non sposandosi
e non procreando. Dare alla luce dei bambini, come fanno le ! donne, significherebbe
infatti perpetuare l’opera del Dio cattivo, creatore dei corpi, che ama
chiamare alla vita sempre nuovi "prigionieri".
Una simile concezione si diffuse particolarmente nel Basso Medioevo tra
gli eretici catari. Costoro erano divisi in due categorie, i credenti
e i perfetti. Mentre i primi non erano tenuti obbligatoriamente alla castità,
e potevano vivere con una donna, i secondi dovevano abbracciare la castità
totale, e giungevano talvolta a lasciarsi morire di fame per «consumare
già su questa terra la separazione dell’anima dal corpo». Come potevano
costoro venerare un presunto "principio femminino", essendo la donna così
intimamente e carnalmente legata alla procreazione? Secondo lo storico
Duby le cattedrali gotiche francesi di questo periodo, dedicate per lo
più alla Madonna, ebbero spesso la funzione di lottare contro gli gnostici
catari, per celebrare la vita, e colei che era stata addirittura madre
di un Dio che si era fatto carne, mostrando così evidentemente la bontà
della creazione tutta, corpi compresi.
Se poi passiamo all’interpretazione che Dan Brown
dà del Cenacolo di Leonardo, anche qui dobbiamo constatare l’incredibile
spudoratezza della manipolazione e dell’inganno. Secondo Brown nel dipinto
di Leonardo, accanto a Cristo, sarebbe raffigurata la Maddalena. Di qui
se ne desumerebbe l’esistenza di un matrimonio tra lei e Cristo.
Ci si chiede anzitutto perché Brown abbia scelto Leonardo: tra tante ultime
cene della storia, la sua è la meno adatta ad una simile forzatura. Anzitutto
perché spessissimo altri pittori, come Andrea del Castagno e Domenico
Ghirlandaio, hanno rappresentato l’apostolo Giovanni senza barba, con
i capelli lunghi, come nel Cenacolo di Leonardo, ma in più con la testa
mollemente reclinata sul petto di Cristo. Se si voleva giocare sull’equivoco,
dunque, questi dipinti sarebbero molto più adatti di quello leonardesco,
in cui Giovanni è straordinariamente distante, distaccato dal maestro.
In secondo luogo nel dipinto di Leonardo compaiono dodici personaggi,
più Gesù: se a destra di Cristo, dove solitamente è rappresentato l’apostolo
prediletto, vi è la Maddalena, dove è finito Giovanni? Tanto più che la
presenza della Maddalena sarebbe assolutamente assurda, in quanto rovinerebbe
completamente il gioco simbolico dell’opera. Tutto il Cenacolo, infatti,
è costruito sulla simbologia del tre (numero divino), del quattro (numero
della terra e dell’uomo) e del dodici (quattro per tre, numero della totalità),
i numeri da cui è caratterizzata anche la Gerusalemme celeste dell’Apocalisse.
Nel Cenacolo vi sono infatti i dodici apostoli, raggruppati in quattro
gruppi da tre; sullo sfondo, dietro Cristo, vi sono tre aperture, mentre
sui lati quattro. Il soffitto, infine, è a cassettoni, con trentasei riquadri
(dodici per tre). Di tutto questo Brown non dice nulla: eppure non è l’esperto
conoscitore delle simbologie più nascoste? Oppure sono proprio le simbologie
presenti nel quadro di Leonardo a dimostrare l’assurdità delle sue tesi?