G.r.i.s. Gruppo Ricerca Informazione Socio Religiosa Diocesi di Rimini
di Giovanni Filoramo
1. Considerazioni introduttive
Che cosa è la gnosi? e che rapporto continua ad avere con il nostro
mondo? Nel corso del Novecento a questi due interrogativi sono state fornite
molteplici risposte, condizionate dai materiali a disposizione, ma ancor
prima dal variare delle prospettive ermeneutiche e dei contesti culturali.
«Gnosi» (dal gr. gnosis, conoscenza) è diventata infatti,
negli ambiti culturali più diversi, dalla letteratura all'arte,
dalla filosofia alla psicologia, dalla scienza della politica alla teologia,
una chiave interpretativa per riscoprire, in modo positivo, affinità
elettive con forme religiose di un lontano passato o, in modo negativo
e polemico, per combattere i mali più diversi generati dall'idra
gnostica: da rinnovate forme di eresia ai totalitarismi del XX secolo.
Questo labirinto interpretativo ha una prima fondamentale causa nella
complessità storica del fenomeno. La gnosi moderna che inaugura
la sua vita nel periodo del Rinascimento, comunque definita, interpretata
e valutata, è in ogni caso l'erede di un fenomeno storico antico,
lo gnosticismo, un movimento religioso, se non una vera e propria nuova
religione, sorto e affermatosi nei primi secoli dell'era cristiana, in
particolare tra II e III secolo, nelle città più significative
dell'impero romano, da Antiochia ad Alessandria, a Roma; un movimento
rinato a nuova vita come religione dualistica a vocazione universalistica
con il manicheismo, fondato da Mani nel III secolo della nostra era e,
attraverso una complessa storia di trasformazioni ed eredità riemerso
nelle eresie dualiste medievali catare. Grazie a scoperte fortunate –
in particolare nel 1945 la biblioteca copta di Nag Hammadi contenente
numerosi scritti gnostici originali – che ci hanno restituito testi
originali e alle confutazioni che ne fecero numerosi Padri della chiesa,
da Ireneo a Epifanio, oggi è possibile ricostruire con sufficiente
esattezza sia la complessità delle varie famiglie gnostiche, dai
valentiniani o seguaci di Valentino ai sethiani, così denominati
perché riconoscevano in Seth (Gn 4,25) il loro antenato mitico,
sia alcune pratiche cultuali originali come il matrimonio spirituale sia
la loro peculiare mitologia. Rimane ignota la dimensione sociologica del
movimento, dal momento che le fonti dirette non forniscono informazioni
in merito e le scarne notizie di questo tipo presenti nelle notizie eresiologiche
sono poco attendibili.
Non è ora possibile approfondire l'aggrovigliato nodo interpretativo
che ha contraddistinto in epoca moderna lo studio e l'interpretazione
dello gnosticismo del II e III secolo, a partire dallo stesso termine
che, al pari di altre definizioni, come politeismo o monoteismo, è
un conio moderno con il quale nel corso del XVII secolo, sullo sfondo
delle guerre di religione e del diffondersi di una conoscenza teologica
ed erudita che prelude al sorgere delle moderne scienze delle religioni,
si cercò di definire e classificare la complessità crescente
dei fenomeni religiosi esplosa in seguito alla Conquista e alla decifrazione
delle scritture antiche. Quel che importa sottolineare, al di là
delle diatribe interpretative sulle «origini dello gnosticismo»
– cristiane, giudaiche o da altre religioni – sono quei tratti
in comune di questo movimento antico, che in genere sono serviti come
termine di riferimento e di confronto nelle riprese e nei riutilizzi moderni.
Per questo, conviene distinguere tra «gnosticismo», termine
col quale qui si indica il movimento religioso del II-III secolo caratterizzato
da una gnosi particolare; e gnosi, intesa più in generale come
una forma particolare di conoscenza religiosa di tipo elitario ed esoterico,
in quanto tale presente e rintracciabile in epoche e contesti culturali
differenti.
2. Fenomenologia della gnosi
Cominciando con qualche considerazione generale sulla seconda, con «gnosi»
si intende una forma di conoscenza religiosa che di per sé salva,
in quanto ha in se stessa il suo valore e il suo fondamento: una forma
di conoscenza totale, in grado di trascendere la dicotomia soggetto-oggetto,
anzi, ogni dicotomia, perché conoscenza assoluta dell'Assoluto.
Conoscenza salvifica che, per la sua stessa natura, si oppone alla fede
come abbandono fiducioso alla volontà divina, la gnosi si radica
nell'esperienza, genericamente umana, di divisione e scissione tra il
proprio sé e l'io empirico e transeunte, tra questo sé e
Dio, scissione che minaccia l'unità dell'individuo, minandone l'integrità.
Con il suo carattere di globalità e di assolutezza, la gnosi pretende
di superare queste dicotomie, ricuperando l'integrità minacciata,
restaurando l'unità perduta.
Forme gnostiche di conoscenza salvifica sono presenti in numerose tradizioni
religiose, non teistiche e teistiche: dall'induismo, con la sua dialettica
tra principio individuale ontologico o Atman e principio ontologico universale
o Brahman, che ha tradotto in forma metafisica la più antica dialettica
mitica – fondamentale da un punto di vista comparato – del
rapporto tra microcosmo e macrocosmo, tra microantropo e macroantropo;
al buddhismo hinayana delle origini, per alcuni studiosi una forma pura
(cioè priva di orpelli mitologici) di gnosi; dalla qabbalah ebraica
alle forme gnostiche presenti in determinate tradizioni esoteriche dello
sciismo. L'esistenza di una gnosi come Weltreligion, d'altro canto –
che attende ancora di essere adeguatamente studiata – non va confusa
con la «gnosi eterna» delle tradizioni esoteriche. Mentre
la prima rimane un fenomeno storicamente condizionato soggetto ai capricci
e alle variabilità del mondo sublunare, la seconda è una
tipica costruzione ideologica priva – volutamente, occorre aggiungere
– di sicuri agganci storici.
Concentrando ora la nostra attenzione sulla prima, quel che una fenomenologia
della gnosi rileva è un'oscillazione tra due poli. Da un lato,
il prevalere del senso lancinante di una separazione, di una divisione,
di una rottura, provocate e indotte dall'esistenza del male, di un male
ontologico, variamente configurantesi sul piano delle rappresentazioni
mitologiche, che tutte però si alimentano alla sua radicalità:
un lato, dunque, oscuro e tenebroso, che sottolinea il terreno nichilistico
e pessimistico su cui attecchisce l'albero della conoscenza stiva, ma
che nel contempo aiuta a comprenderne l'altro lato, positivo e ottimistico,
di religione del sé, la dimensione esistenziale salvifica della
gnosi come anamnesi in grado ristabilire l'unità perduta. Lo gnostico,
insomma, è colui che, in virtù di un'illuminazione una rivelazione
(a seconda che prevalga l'elemento dell'intuizione interiore autosalvifica
o della comunicazione esteriore ad opera di figura di salvatore) è
in grado, ritrovando e ricuperando il proprio sé, di ristabilire
definitivamente la propria identità originaria, ricongiungendo
arché e telos, inizio e fine, origine e compimento. Con questa
precisazione essenziale: che, mentre nelle forme di conoscenza gnostica
cresciute all'ombra dei tre monoteismi abramitici la gnosi si configura
– come insegna appunto lo gnosticismo – come una tipica religione
di riconquista del sé e cioè del nucleo fondante di origine
divina del singolo che gli permette di «diventare Dio» superando
la barriera creazionista; nelle altre forme di gnosi rintracciabili a
vario titolo nell'induismo e nelle religioni che ad esso si ispirano e
da esso derivano, la gnosi tende invece a configurarsi, in conseguenza
del differente concetto del divino e, dunque, dell'uomo, come scioglimento
e superamento del sé individuale nel sé assoluto. Ciò
che, comunque, le apparenta è l'autorealizzazione del sé
individuale nel Sé assoluto o universale.
3. L'autorealizzazione del sé ovvero la comunità degli spirituali
Ma che cosa si deve intendere esattamente con quest'ultima formula? In un passo di un significativo testo gnostico, il Vangelo di verità, gli gnostici vengono paragonati ai fanciulli, i veri sapienti, in grado, di contro ai sapienti di questo mondo, di comprendere il messaggio di Gesù e di attingere, di conseguenza, la sapienza del Padre, perché essa appartiene loro. Per questo,
nel loro cuore si manifestò il libro vivo dei viventi, scritto nel pensiero e nell'intelligenza del Padre, che nella sua incomprensibilità era anteriore alla fondazione del tutto.
Nella rilettura gnostica, il tema classico del libro dei viventi, in
cui è iscritto il destino di coloro che saranno salvati, riceve
due correzioni significative. Per un verso, la vita del pleroma e cioè
del mondo divino nella sua pienezza e totalità, di un Sé
o Assoluto che, realizzandosi, manifesta la ricchezza delle sue potenzialità,
viene ora paragonata a un grande libro in cui il Dio assolutamente trascendente
ha iscritto fin dall'origine il nome e il destino dei «viventi»
e cioè degli gnostici. Grazie all'opera redentrice del Cristo,
questo libro si manifesta nel cuore di ogni gnostico: in seguito all'illuminazione,
lo gnostico è in grado di vedervi iscritto anche il suo sé.
Ma, in questo modo, egli si rende conto di essere parte di una totalità,
un momento della manifestazione e del compimento, nel finito, di una realtà
che lo trascende. Lungi dall'essere, come saremmo portati anacronisticamente
a interpretarla, un'espressione ante litteram dell'individualismo religioso,
questa religione del sé è, comunque, espressione di un'esigenza
comunitaria di salvezza, anche se la natura peculiare di questa comunità
ha una caratteristica fondamentale: è la comunità invisibile
degli spirituali.
Considerata su questo sfondo, l'autorealizzazione del sé individuale
nel Sé universale si trasforma nella spinta a leggere, riconoscendolo,
il proprio nome nel libro vivo dei viventi. Si tratta di un processo complesso,
che nello gnosticismo antico si configura in modo peculiare, in linea
con le caratteristiche specifiche del sistema e di cui vale la pena sottolineare
alcuni aspetti distintivi. Il primo è al fatto che questa lettura
è, comunque, frutto di una capacità visionaria, di quella
«visione degli occhi di fuoco», per dirla con Henry Corbin,
che coincide con l'attivazione dell'immaginazione creatrice, carisma interiore
che ogni autentico gnostico possiede. Il secondo, in linea con l'antico
adagio platonico secondo cui soltanto il simile conosce il simile, vuole
che questa vista interiore sia in grado di assimilare chi vede all'oggetto
visto: la gnosi, infatti, è una mistica trasformante che, per rimanere
alla metafora del libro, permette allo gnostico di trasformarsi nel nome
visto nel gran libro dei viventi, con ciò stesso contribuendo al
suo compimento. L'esito di questa particolare visione è, dunque,
un processo di rinascita, che restaura e reintegra nella totalità
originaria il sé obliato dello gnostico. Il terzo elemento è
il dato esoterico, che racchiude, come un guscio, la perla dello gnostico:
non è ora possibile approfondire questa dimensione, ma essa è
fondamentale per comprendere la storia delle metamorfosi moderne dello
gnosticismo là dove essa ha finito per coincidere o disperdersi
nella storia dell'esoterismo cristiano moderno e contemporaneo. Il quarto
e ultimo elemento è dimensione mitologica soggiacente a questo
processo: un aspetto fondamentale e distintivo dello gnosticismo antico.
4. Il mito gnostico
Lo gnosticismo è un movimento religioso che presuppone e si spiega
soltanto su di uno sfondo monoteistico: in altri termini, esso rappresenta
un tipico «paradosso del monoteismo». Il mito gnostico, infatti,
sorge dalla necessità di gettare un ponte tra il Dio assolutamente
trascendente e un cosmo (e un corpo) dualisticamente concepito come separato
in modo radicale da Dio (al punto che la sua creazione viene concordemente
attribuita a un secondo Dio); un mito, dunque, che deve aiutare a spiegare
come l'«uno», fondamento dell'essere, si dispieghi, pur conservando
questa sua unicità, nella molteplicità del divenire.
Si tratta di un mito che affonda le sue radici in una particolare concezione
dell'uomo e di Dio, una concezione secondo la quale Dio è (potenzialmente)
noi e, nel contempo, noi siamo (potenzialmente) Dio. La mitologia gnostica,
di conseguenza, è essenzialmente una teogonia, la narrazione, cioè,
del divenire di Dio, di un Dio che è in quanto diviene o, meglio,
per mantenere la fondamentale distinzione tra essere e ente, di un Dio
il cui essere assolutamente trascendente si manifesta nella molteplicità
degli enti pleromatici e noetici, forme intelligibili della realtà
mondana e antropologica.
Di questo divenire, che i testi gnostici raccontano sub specie mythologica,
preme ora sottolineare un aspetto fondamentale. Le antiche mitologie erano
mitologie della natura, racconti, cioè, che narravano il rapporto
particolare instauratosi tra l'uomo e il cosmo. Le mitologie gnostiche,
di contro, narrano il rapporto dell'uomo con quel Dio particolare che
è l' antbropos primordiale, descrivendo il dramma che ha provocato
alle origini la rottura dell'unità divina. Esse proiettano, di
conseguenza, sul grande schermo del mito, i problemi fondamentali dell'uomo,
nella consapevolezza, però, che si sta recitando un dramma che
non coinvolge soltanto l'uomo, ma anche il divino. I grandi problemi che
l'uomo vive, infatti, dalla tragedia del male sino alle lacerazioni indotte
dal rapporto maschile - femminile, hanno un fondamento mitico, nel senso
che riproducono, sul piano umano, un conflitto originario vissuto, nel
tempo senza tempo del mito, dalla stessa divinità.
Ne consegue che, per lo gnostico, il mito è la realtà, dal
momento che la realtà stessa è per sua natura simbolica,
rimandando sempre a un aldilà, a un'alterità, che la fonda.
Questa coincidenza di realtà e simbolo, di spiegazione e narrazione,
d'altro canto, deriva dal fatto che la profondità del reale, così
come lo gnosticismo cerca di coglierla, è il sé o, meglio,
il vissuto, l'esperienza che il fondamento del proprio essere coincida
col fondamento stesso del Dio trascendente. Se è vero che il vissuto
non si può se non narrare, è altresì vero che questo
racconto (il mito) non è un'«allegoria», perché
non dice «altro», bensì esattamente quell'evento medesimo
che il sé vive nella propria esperienza di sofferenza e di liberazione.
In questo modo, l'evento fisico vissuto è il simbolo o l'esempio
dell'evento mitico che lo comprende, mentre, a sua volta, l'evento mitico
è il simbolo o il paradigma nel quale il vissuto s'immedesima e
ritrova se stesso. La conoscenza negativa di Dio e la spiegazione positiva
del mondo e della storia si saldano nella conoscenza del sé, vero
obiettivo e culmine della gnosi.
Questo processo conoscitivo, d'altro canto, mosso da una sete metafisica
inestinguibile, ha una caratteristica fondamentale. In quanto autorealizzazione
del sé individuale nel Sé universale, a differenza del moderno
individualismo, la conoscenza gnostica ha iscritto nel suo codice genetico
il collegamento con la comunità degli eletti, degli altri sé
o monadi individuali, miticamente rappresentati come le membra disperse
del corpo pneumatico caduto prigioniero delle tenebre e del loro signore:
soltanto, di conseguenza, realizzando il Sé universale, anche il
sé individuale potrà dirsi a sua volta realizzato.
Un ultimo elemento, infine, merita di essere sottolineato: il paradosso
della gnosi. Esso consiste nella tensione, ineliminabile e vitale, tra
tendenza monistica e tendenza dualistica. Da un lato, infatti, una tendenza
monistica percorre l'universo della conoscenza gnostica: tensione a risolvere
ogni lacerazione e separazione nel ricupero dell'unità originaria.
Dall'altro, però, la radice esistenziale della conoscenza gnostica
è, come si ricordava, una radice dualistica: occorre, infatti,
non scordare che le forme religiose gnostiche sono tipiche delle religioni
di salvezza e che ciò che, all'interno di queste tradizioni religiose,
le individua e le caratterizza, è il loro modo radicale di porre
e di risolvere il problema del male ontologico.
5. Alcune caratteristiche dello gnosticismo
del II secolo
Rispetto ad altre forme di gnosi, quella che sorse e si affermò
nel corso del II secolo d.C. presenta alcuni caratteri distintivi. Trasmessa
da una figura di rivelatore/salvatore, garantita da una particolare tradizione
esoterica, affiancata sovente da una didascalia o istruzione mediante
cui l'adepto è iniziato ai suoi misteri, la particolare gnosi dello
gnosticismo si fonda sulla comunicazione/trasmissione di un racconto mitico,
il quale, pur nelle sua varianti, costituisce nei suoi elementi strutturali
un patrimonio comune alle varie famiglie gnostiche. Infatti, i differenti
racconti mitici perseguono lo scopo di rispondere a quegli interrogativi
esistenziali dello gnostico, che discendono da una concezione radicalmente
pessimistica del mondo e del suo creatore, il demiurgo (evidente ripresa
del demiurgo platonico, ma, nel contempo, rilettura negativa del Dio creatore
dell'Antico Testamento), considerato un Dio malvagio o ignorante opposto
al Dio buono, assolutamente trascendente, sconosciuto e inconoscibile,
se non mediante quella particolare illuminazione/rivelazione che è
la gnosi.
Alla base del mito gnostico, nelle sue differenti varianti, vi è
dunque un'esperienza fondamentale: l'esperienza del male, di un male che
non è più concepito nella concreta molteplicità dei
mali fisici e morali che affliggono l'umanità, ma che ha assunto
una consistenza ontologica prima ignota, dal momento che esso coincide
ora spazialmente col cosmo e antropologicamente con la stessa struttura
psicofisica.
Contraddistinta da un forte grado di riflessività, dal momento
che narra le vicende di quel Dio particolare che è P anthropos
pleromatico, questa mitologia comprende una teologia che è nel
contempo una teogonia, perché narra la «nascita eterna»
del Dio sconosciuto, e una teosofia, dal momento che, in virtù
di questo racconto mitico, è possibile accedere alle scaturigini
dello stesso Dio sconosciuto. Essa comprende inoltre una cosmogonia, che
contiene la versione gnostica antibiblica della genesi di questo cosmo,
sede del male in quanto effetto della natura malvagia del demiurgo; un'antropogonia,
secondo cui il demiurgo e la sua corte di angeli malvagi creano il composto
psicofisico transeunte in cui (rilettura gnostica di Gn 2,7) il demiurgo
insufflerà suo malgrado lo pneuma di luce trasmessogli dalla Madre
o Sophia; infine, un'escatologia. Secondo quest'ultima, il mondo demiurgico
è destinato alla distruzione finale, cui sopravviverà soltanto
l'anima immortale o, a seconda dello sfondo antropologico, il principio
spirituale, pneumatico. Quanto al destino del singolo gnostico, dopo la
morte, mediante una psicanodia o viaggio celeste dell'anima, risalendo
quelle sfere celesti, governate da arconti malvagi, che egli aveva già
attraversato al momento della sua discesa in questo mondo di tenebre,
egli potrà infine ritornare nella sua patria celeste, ricongiungendosi
col suo doppio pleromatico, variamente denominato.
In conclusione, il mito gnostico non fa che narrare le vicende di quel
Dio particolare che è lo gnostico, ricordandogli le sue origini,
rivelandogli le cause che lo hanno precipitato in questo mondo di tenebre,
indicandogli nel contempo, proprio attraverso questa «ricerca del
tempo perduto» che la gnosi rende possibile; la via di salvezza.
6. Caratteristiche strutturali
Chiunque scorra i testi gnostici si trova ben presto immerso in un'atmosfera
particolare, che travalica distinzioni di scuole e di correnti. Si possono,
naturalmente, privilegiare «le avventure della differenza»,
insistendo sul fatto che noi non avremmo mai a che fare con un vero e
proprio mito gnostico, sottinteso e preesistente alle successive variazioni
che ne avrebbero dato le differenti scuole gnostiche. Quel che, però,
in questa sede, va sottolineato, è che, se si vuole veramente cogliere
il senso delle differenze storiche – che, certo, esistettero e anzi,
come avevano già ben visto gli eresiologi e hanno confermato le
recenti scoperte, sono vistose e significative anche o soprattutto all'interno
di quelle «scuole», come la scuola valentiniana, che parevano
avere un patrimonio ideologico e mitologico comune –, occorre tuttavia
cercar di cogliere quegli elementi di somiglianza, che costituiscono la
peculiare «aria di famiglia» che i testi gnostici ancor oggi
ci comunicano. Essa consiste prima di tutto nella presenza di almeno due
elementi dottrinali che, interagendo, distinguono lo gnosticismo da altri
movimenti religiosi del periodo. Essi possono essere riassunti, da un
lato, nella consustanzialità tra Dio assolutamente trascendente
e natura profonda dello gnostico e, dall'altro, in una concezione particolare
del cosiddetto pleroma o mondo della pienezza divina, che vive al suo
interno una crisi particolare, causa di una «rottura di livello»
che genererà le realtà inferiori.
Intorno a questo nucleo dottrinale e a partire da esso s'irraggiano poi
un certo numero di temi ricorrenti, dei quali i differenti gruppi forniscono
altrettante variazioni. Un loro elenco potrebbe comprendere i seguenti
motivi:
7. Dalla gnosi antica a quella moderna
La gnosi antica era legata a forme scolastiche di trasmissione a sfondo
esoterico di un sapere particolare. Ad una prima fase, meno nota, in cui,
stando alle notizie degli eresiologi, si succedono figure come Saturnino,
Menandro, Basilide e, verso la metà del secolo, Marcione e Valentino,
segue una seconda fase, dominata dalla scuola valentiniana. Grazie anche
all'apporto di alcuni testi gnostici scoperti a Nag Hammadi e attribuibili
a questa scuola, emerge con chiarezza il profilo di una tradizione filosofico-sapienziale,
profondamente influenzata dalle coeve scuole platoniche, che rilegge in
modo audace il patrimonio teologico cristiano sullo sfondo di miti dottrinali
tesi ad approfondire il mistero della genesi eterna di Dio e del legame
che unisce il singolo gnostico al mondo della pienezza divina. Accanto
a questa scuola di gnostici cristiani i testi di Nag Hammadi rivelano
l'esistenza di una pluralità di gruppi e tendenze gnostiche, profondamente
diversificati e che hanno legami tenui e problematici con il cristianesimo
in divenire della seconda metà del II secolo. Alcuni studiosi hanno
ipotizzato l'esistenza di un vero e proprio gruppo sethiano trasformatosi,
nel mito gnostico, nell'antenato celeste degli gnostici, gruppo di eletti
di origine divina predestinato alla salvezza nonostante tutti i tentativi
del demiurgo malvagio e dei suoi arconti di ridurli in schiavitù.
Di fatto, è impossibile ricavare da questi racconti mitologici,
ambientati nell'atmosfera rarefatta e impenetrabile della vita divina
del pleroma, indicazioni sociologiche precise e convincenti.
Nella tradizione di pensiero occidentale la gnosi ha conosciuto, a partire
dal manicheismo fino al catarismo medievale, reviviscenze storiche che
si spingono fino alle soglie dell'epoca moderna. Si tratta in genere di
forme dualistiche interne all'area cristiana, che conservano il pessimismo
cosmico e la concezione di un secondo Dio creatore malvagio. Col Rinascimento
si viene a creare una situazione nuova. La rottura dell'unità confessionale
con il suo corteo di polemiche e di controversie impone il ricorso alle
antiche tradizioni eresiologiche, favorito dalla pubblicazione delle opere
dei Padri della chiesa. L'accusa di «gnosi» e «gnosticismo»
si diffonde. La dottrina della carne celestiale di Cristo, ad esempio,
diffusa tra gli «spirituali» e le correnti religiose più
radicali del XVI secolo, è stata letta da antichi avversari e da
moderni interpreti come una ripresa dell'antica cristologia gnostica di
Valentino, trasmessa loro, almeno in parte, dalle nuove edizioni critiche
di Padri come Ireneo. Nel contempo, fioriscono spontaneamente nuovi sistemi
gnostici come quello di Jakob Bohme (1575-1624), la cui teosofia, fenomenologicamente
affine a quella della gnosi antica, se ne distingue per l'assenza del
dualismo e la cui opera alimenterà le fortune successive della
gnosi. Se si prescinde da tentativi, peraltro privi di importanza storica,
di rivitalizzazione dell'antica gnosi sotto forma di rifondazione di chiese
neognostiche, un luogo privilegiato di riattualizzazione è stato
il primo romanticismo tedesco, con la sua rinnovata esigenza di totalità
e conoscenza assoluta, congiunte a spunti pessimistici e nichilistici.
Esso ha trasmesso alla cultura del Novecento, in forme non sempre storicamente
indagabili, temi e motivi gnostici ora legati al versante pessimistico
della gnosi ora al suo versante ottimistico. Oggi questi temi appaiono
disseminati in settori eterogenei della nostra cultura, dalla psicologia
del profondo che si richiama a C.G. Jung, a tematiche gnostiche che riaffiorano
in forme della nuova religiosità come New Age. Una loro più
esatta individuazione e interpretazione si presenta peraltro problematica,
in assenza di una chiara base sociologica, di forme di culto specifiche
e più in generale per la difficoltà stessa di definire una
gnosi moderna.
GIOVANNI FILORAMO
ordinario di Storia del cristianesimo
presso l'Università di Torino
Sommario
La complessità storica del fenomeno gnostico, delle sue origini come del suo periodico riemergere nella cultura occidentale, richiede anzitutto una descrizione fenonenologica delle varie forme che lo gnosticismo presenta nell'antichità, per ricercarvi l'elemento comune. Quest'ultimo si può identificare nell'autorealizzazione o riconquista del sé individuale nel Sé assoluto o universale. In tal modo nasce una comunità di eletti, di iniziati che hanno scoperto ciò che agli altri è precluso, ossia come superare il male del mondo e colmare il divario tra Dio e cosmo. Il clima che si respira è quello di una profonda nostalgia del ritorno al pleroma da cui tutto deriva, il desiderio cioè di conoscere il segreto di tutte le cose. Anche nella cultura attuale emergono tematiche gnostiche, ma la loro interpretazione si rivela difficile in assenza di forme di culto specifiche, mancando una definizione condivisa di che cosa sia la gnosi moderna.
Ringraziamo la Redazione della rivista Credere Oggi per averci autorizzato alla pubblicazione dell'articolo www.credereoggi.it