G.r.i.s. Gruppo Ricerca Informazione Socio Religiosa Diocesi di Rimini
Sebastiano Cinel
La replica alle recensioni dedicate
da questo giornale e da «
E il nodo sta qui: è proprio vero, come afferma con sicurezza Norelli,
facendo eco ai due autori dell'«Inchiesta», che per fare storia si debba
espungere Dio dall'orizzonte? È una storia corretta quella che si limita
a prendere atto dello sviluppo delle credenze religiose, senza nulla dire
sui fondamenti che le generano? Quasi che la rivendicazione di un rapporto
particolare di Gesù con il Padre, che nessuna analisi dei vari strati
della tradizione potrà mai cancellare e che con Gesù stesso la successiva
espressione della fede ha catalizzato nella figura del Figlio di Dio,
possa essere cancellata solo perché con essa l'uomo Gesù, il solo di cui
si potrebbe parlare, aprirebbe il varco su un orizzonte, quello divino
che è precluso all'umana ragione.
Alla fine tutto torna: siamo di fronte ad una variante di quella espulsione
della trascendenza dall'esperienza dell'umano che dall'ambito della vita
sociale, esercizio ben conosciuto di questi tempi in Italia, viene qui
spostata a quello della conoscenza. Fare il contrario non implica per
sé una adesione di fede, come vorrebbe far credere Norelli, ma semplicemente
non cancellare dal dato storico quegli elementi che aprono la possibilità
della fede. Anche se c'è poi da aggiungere che, vista la pretesa di Gesù
del suo rapporto filiale con il Padre, diventa logico che la più compiuta
comprensione di lui e di ciò che da lui è nato la si ha ponendosi nella
sua stessa prospettiva, quella della fede, come ha ricordato ancora il
Papa nel presentare la sua prossima opera.
Il problema che Augias e Pesce pongono, e con loro Norelli, è ancora quello
della presunta opposizione "ragione" o "fede", dando per scontato che
per l'uomo contemporaneo non possa darsi "ragione" e "fede". Spiace che
nessuno di questi intellettuali sia pronto a riconoscere che la ragione
lasciata a se stessa non è più capace di rispondere a tutto e alla fine
si dissolve nei mille irrazionalismi che dominano la cultura diffusa,
mentre
Attendiamo con impazienza il libro di Benedetto XVI, certi che da esso
verrà la migliore risposta su come la ricerca storica possa stare nella
compagnia della fede e, guardando a Gesù, sia capace di offrirne un volto
assai più attendibile di quello mutilo e insignificante, appiattito sulla
normalità del suo tempo, che certi uomini di cultura e storici del cristianesimo,
mal guidati da stravolgimenti ideologici, sanno offrirci.
Da avvenireonline del 05/01/2007