G.r.i.s. Gruppo Ricerca Informazione Socio Religiosa Diocesi di Rimini
Adolfo Morganti
L'apertura dei contatti culturali
tra occidente ed oriente del pianeta, particolarmente sviluppatisi nel
secondo dopoguerra, ha provocato uno scambio a due sensi: da un lato tecnologia, valori e miti sociali occidentali
hanno invaso popoli e culture di raffinata e millenaria civiltà, provocando
non di rado crisi diffuse e pericolosi fenomeni di assestamento socio-culturale;
nello stesso tempo la profonda crisi di valori che affligge l'occidente
secolarizzato ha condotto migliaia di persone a rivolgersi all'oriente
per cercare lontano delle risposte che la cultura occidentale, e soprattutto
un cristianesimo vissuto entro gli schemi di uno squallido ed ipocrita
moralismo borghese, non potevano dare. E non è
un caso che questo processo sia iniziato in area anglosassone,
storico pilastro della Riforma. Risposte relative
al senso ultimo dell'esistenza, al valore
della sofferenza e della morte, al bisogno di una
spiritualità operante, di una metamorfosi interiore globale, di
una mistica vissuta. Tutte cose che la tradizione cristiana ha vissuto
per secoli, e che solo la grande ignoranza religiosa di massa contemporanea
non riesce a scorgere.
La grande voga dell'Oriente
degli anni '60 e '70 è nata da un
tentativo autogestito di risolvere questo bisogno religioso attingendo
dal grande bagaglio delle tradizioni estremo-orientali: India, Tibet, Cina, Giappone.
Ovviamente questa moda ha conosciuto esiti culturalmente interessanti
e, nello stesso tempo, ha provocato fenomeni di massa non di rado risibili,
se non proprio pericolosi.
Un aspetto del
tutto particolare di questa
progressiva compenetrazione fra oriente e occidente è la diffusione
nel nostro paese oramai ventennale di una serie di tecniche psico-fisiche
d'origine orientale: nelle nostre città non è affatto raro trovarsi di
fronte a luoghi ove si praticano tecniche meditative o ginnastiche mediche
orientali. Ovviamente, non tutto quanto è spacciato sotto questo nome
è autentico: per limitarsi alle tecniche meditative, accanto a tradizioni orientali
millenarie (come il buddhismo Zen) siamo stati invasi da decine di sette
pseudo-orientali, che propongono miscugli spirituali e culturali ispirati
al sincretismo più selvaggio (Meditazione trascendentale, la scuola di
Osho-Rajneesh, il teosofismo tinto di India di Krishnamurti): vere "trappole
per occidentali", del tutto
screditati in primo luogo proprio nell'oriente tradizionale.
Ma accanto a casi chiari,
nel bene e nel male, come questi, se ne contano diversi più complessi
ed ambigui, che pertanto richiedono un'attenzione più specifica.
Il
caso dello yoga.
Credo che non esista oramai
cittadina di provincia in Italia in cui non sia aperta una palestra di
yoga. Talvolta queste strutture si
rivolgono esplicitamente al mondo cattolico,
chiedendo ospitalità, attenzione, non di rado facendo proseliti. Ma attorno
all'oggetto di questo insegnamento, appunto lo yoga, vige una sistematica
confusione che non di rado da spazio a dinamiche settarie. Non si
può capire lo yoga estrapolandolo dal contesto religioso indiano più antico:
Patanjali, il primo, celebre estensore degli Yogasutra (2° secolo
d.C.) fissò una tradizione senz'altro più arcaica, e dopo di lui si inaugurò
una trasmissione secolare, psicofisica e religiosa assieme, giunta in
maniera quanto mai variegata fino ad oggi. Lo yoga indiano classico influenzò
direttamente anche il buddhismo, ed alcune tecniche meditative
yogiche furono assorbite nel
sistema ascetico fondato dal Buddha, espandendosi in tutto il Medio ed
Estremo Oriente antico. Come curiosità
si può riferire che persino ad Alessandria d'Egitto, dopo il III
secolo d.C. è attestata una presenza missionaria buddhista, ed alcuni
Padri della Chiesa si sono occupati della lontana India.
Ma lo yoga che viene insegnato
a casa nostra cosa ha conservato dell'ampiezza metafisica e spirituale
di Patanjali? In primo luogo va ricordato un fatto essenziale: lo yoga è una via spirituale interna all'induismo,
e l'induismo non è una religione universale (aperta cioè a tutti gli uomini, come il Cristianesimo,
l'Islam ed il Buddhismo) ma a base etnica: non può definirsi induista
chi non è indù e si è tali solo se figli di padre indù (la discendenza
femminile non è accettata). Questo significa che, semplicemente, ogni
forma di religiosità induista che si rivolga agli occidentali si pone
da sé stessa fuori dalla propria ortodossia, ed è quindi una setta (appunto,
una "trappola per occidentali"), e
un europeo non può diventare induista così come non può diventare
shintoista o inca: quell'esperienza religiosa è tutt'uno con quel popolo
e non è trasmissibile.
In effetti, raramente lo yoga
in occidente viene proposto immediatamente come Via religiosa" nella
propaganda dei centri yoga prevalgono le allusioni alla dimensione psico-fisica, all'equilibrio emotivo, alla salute
del corpo ottenuta e difesa con metodi naturali. E in quanto tale, ossia
limitatamente al proprio millenario bagaglio di conoscenze attorno al
corpo ed alla mente dell'uomo, non v'è alcun dubbio che l'ingresso della
pratica yoga nella
cultura occidentale
può essere scientificamente utile e foriera di interessanti sviluppi
nella nostra conoscenza psicologica e medica" a ben pensare, si tratta
dello stesso percorso che in Europa hanno percorso i Giochi Olimpici dall'antica
Grecia ad oggi: da agone sacro a specialità sportiva. Ma non sempre accade
questo, e più spesso (fatta quindi eccezione per quelle persone che sono
così mature da evitare quanto segue) all'insegnamento della tecnica psico-fisica
si sovrappongono due tendenze perniciose:
a) l'imitazione fraudolenta,
conscia o inconscia, delle strutture linguistiche e concettuali tipiche
dell'induismo religioso indù.
b) il confluire della pratica
yoga "per occidentali in quel calderone sincretistico che è
il cosiddetto New Age.
Nel primo caso l'insegnante
yoga si atteggia a Maestro, a Guru, creando attorno a sé quel clima emotivo
da discepolato che in Italia ha dato vita a migliaia di guru di provincia,
ognuno con le proprie certezze assolute, il proprio gruppetto di fedeli
etc.
In questo caso accanto alle
tecniche dello yoga fisico (o hatha
yoga si diffondono recitazioni di mantra
(parole sacre) cui viene attribuita una esplicita valenza soterica"
si sente parlare spesso e volentieri, per quanto a sproposito, di termini religiosi quali "Illuminazione",
"insegnamento", "maestro", che con una pratica psico-fisica
hanno sempre e comunque poco a che spartire. Inizia a crearsi quel clima
vischioso di esclusivismo e falsa accoglienza tipico di ogni esperienza
settaria: chi vi partecipa è portato a coltivare l'illusione di far parte
di un'élite di privilegiati.
Nel secondo caso lo yoga viene
affogato nel mare magnum
delle psicoterapie selvagge, delle
meditazioni fai-da-te, nella superficialità delle mode culturali genericamente
sincretiste, reincarnazioniste, salutiste, pacifiste, vegetariane
che rappresentano oggigiorno il nocciolo duro dell'ideologia della
New Age: un calderone ribollente in cui spezzoni malcompresi
di oriente si mescolano a
spiritismo, teosofia, occultismo
ottocentesco, cascami massonici
fino a cristallizzarsi in un'ideologia
che è il vero manifesto della post-modernità
religiosa, in cui ognuno è chiamato a esercitare la propria fattuale divinità,
elevando a pretese divine il proprio libero arbitrio religioso. Non ci
stupisce che l'ego ipertrofico
dell'uomo contemporaneo caschi regolarmente in questa trappola (che, per
riprendere un adagio indiano, è proprio come cercare di
volare tirandosi per i capelli)" ma cosa c'è di più sideralmente
distante dal cristianesimo, realistico demolitore di ogni pretesa assolutezza
dell'io empirico, in cui alla pretesa diabolica dell'Eritis sicut dei si contrappone
la rivendicazione arcangelica: "Chi come Dio?".
Per
conoscerne di più:
Sull'induismo: Autori Vari,
Cattolici, sette, religioni, a cura del GRIS di Rimini, Il Cerchio.
Sullo yoga classico: M. Eliade
Lo yoga. Immortalità e libertà, Sansoni.
Sull'uso parodistico dello
yoga: M. Dharmamentha Lo yoga e
lo spiritualismo contemporaneo, Edizioni Archè.